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LE STORIE DI GIGIO

In Senegal quella scuola diroccata rinasce grazie a Khado

Khadim Gning, 34enne di origini senegalesi, in Italia da quando aveva 11 anni, raccoglie fondi per le aule in cui ha studiato. E l'azienda cremonese per cui lavora lo aiuta

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

26 Febbraio 2024 - 05:20

CREMONA - In quei bambini rivede se se stesso. «Io sono stato fortunato. Perché anche loro non possono sperare in una vita migliore?». È stata questa domanda, questo pensiero a spingere Khadim Gning, 34 anni, cittadino italiano di origini senegalesi, a darsi da fare e a compiere un piccolo prodigio di solidarietà: raccogliere, con il sostegno generoso della sua azienda cremonese, i fondi necessari per ricostruire la grande scuola del suo povero villaggio.

«Il muro perimetrale è crollato, trasformandola in un'area dove gli animali pascolano liberamente. Anche i tetti minacciano di cadere e i servizi igienici sono carenti». Tutto questo, però, è destinato a durare ancora per poco perché i lavori sono già partiti e dovrebbero terminare a settembre, alla ripresa delle lezioni.

Come tanti altri immigrati, il padre di Khadim, Moussa Gning, ha attraversato l'Africa ed è stato uno dei primi, nel 1989, a sbarcare nel nostro Paese, dal Senegal, una nazione alle prese con la miseria e l'instabilità politica, e approdare a Cremona.

«Ha cominciato vendendo la solita merce per strada ma è poi riuscito a diventare operaio alla Sicrem di Pizzighettone. È in pensione da qualche mese. Poco dopo il suo arrivo in Italia, ha voluto che lo raggiungessimo anche noi, io e i miei due fratelli maggiori. Era il 2000, avevo 11 anni. Le mie due sorelle, invece, sono rimaste là, in Senegal, con mia madre», racconta Khadim. Ha frequentato il Vacchelli e ottenuto il diploma di geometra.

«Ero avvantaggiato dal fatto di essere un ragazzino, non ci ho messo molto a integrarmi e imparare la nuova lingua. La cosa più difficile è stato non avere qui con noi la mamma».

Dal 2009 ‘Khado’, come lo chiamano affettuosamente così i colleghi, lavora come tecnico di impianti fotovoltaici all’EcoCasa Group, sede nella zona artigianale della città. Si è sposato con Francesca, ingegnere, e ha due bambini bellissimi, di 5 anni e di 1 anno e mezzo, ai quali è stato dato il doppio nome italiano e senegalese: Alice Habiba la più grande, Fallou Andrea il secondogenito. Appena può, il geometra torna per le ferie, con la famiglia, in patria, a Mbour, dove, nel frattempo, il padre si è trasferito con la moglie e le figlie, a due ore in auto da Dakar, la capitale. Gli altri due fratelli sono rimasti in Italia e si sono sposati anche loro. Khadim approfitta delle vacanze per rivedere il villaggio dov'è nato, Fissel Mbadane, nel distretto di Mbour, all'interno della regione di Thiès.

scuola

«Intorno si estende la foresta; la corrente elettrica fatica ad arrivare; l’acqua viene raccolta in un unico pozzo, accessibile in determinati orari, si fanno i turni per attingerla e averne una riserva da usare. No, il problema del cibo, quello non c'è perché la gente del posto vive d’agricoltura». Il villaggio ha la sua scuola, suddivisa in alcuni edifici, uno accanto all'altro. «Là dentro c'è tutto, dall’infanzia alle elementari. Da piccolo, ci ho studiato anch’io e, prima di me, mio padre».

I capannoni sono stati costruiti nel 1961 e ora sono in rovina. All’ex studente si stringe il cuore. «Le lezioni si fanno a cielo aperto. Un’altra questione fondamentale, la più urgente, è quella della recinzione: non c’è praticamente più e questo consente a mucche, asini e capre di entrare indisturbati nelle aule, mettendo a rischio la sicurezza di allievi e insegnanti. L’istituto è pubblico, ma lo Stato non ha le risorse per intervenire».

bimbi

Ad aprile dell'anno scorso Khadim, durante un soggiorno in Senegal, ha discusso di questa situazione, ormai insostenibile, con il suo amico d'infanzia, Badou Ndiaye. «Siamo cresciuti insieme. Lui insegnava in quella scuola e ora ne è diventato il direttore. Parlando con lui è venuta l’idea della raccolta fondi, che ho poi cercato di concretizzare».

Lo ha fatto, con tutta la sua passione e il suo entusiasmo, al rientro in Italia. «Ho presentato il progetto di ristrutturazione completa al responsabile della mia azienda». Risposta? «Mi ha detto subito e ha messo a disposizione 3.500 euro, la metà del costo preventivato». A Natale Khadim è ripartito, con la moglie, per ricongiungersi con i genitori e, dopo la visita, raggiungere nuovamente il suo villaggio, per consegnare l’assegno.

«Sono entrato nelle classi per dare l’annuncio. I bambini erano contentissimi, mi hanno circondato sorridenti. È stata una festa, mi sono emozionato. Abbiamo anche girato un video nel cortile per ringraziare la mia ditta».

Forse non è un caso se nel suo statuto vengono riportate le parole di un industriale illuminato come Adriano Olivetti: ‘La nostra società crede nei valori spirituali, nei valori della scienza, crede nei valori dell'arte, crede nei valori della cultura, crede soprattutto nell'uomo’.

Con la prima tranche di denaro verrà sistemata la recinzione. Sono già pronti i laterizi. Ma per l'intera ristrutturazione, dal tetto ai bagni, serviranno altri 3.500 euro. Come fare? Il tecnico di via della Fogarina ha pochi dubbi e tanta fiducia. «Sto mettendo insieme i soldi chiedendo una mano ai miei amici e ai miei colleghi, sono tutti molto disponibili. Ho un sogno: che quella scuola possa diventare una vera scuola degna di questo nome».

L’esperto di sistemi fotovoltaici è tornato a casa, quella italiana, a metà gennaio. «Ho ancora negli occhi la gioia di quei bambini e di quelle bambine. Poi, però, non posso fare a meno di pensare: senza un’istruzione, la base, il punto di partenza, quale futuro potranno avere? Io ho avuto la possibilità di studiare, lavorare, migliorare. Ma loro?». Ora anche hanno una speranza in più di farcela. Grazie a ‘Khado’ e a chi non si è girato dall’altra parte.

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