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LE STORIE DI GIGIO

«Io, il decano dei politici» con la passione per la lirica

Evelino Abeni, 83 anni: «Ho il Parkinson, me lo sono trovato addosso. È una cosa con cui convivi»

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

19 Febbraio 2024 - 05:25

«Io, il decano dei politici» con la passione per la lirica

CREMONA - Non si è mai tirato indietro, anche nel partito che ha guidato o nelle associazioni di cui è stato o è una colonna. Non lo fa nemmeno adesso che sta affrontando il momento più difficile: «Sono malato, ho il Parkinson. A causa di altre patologie fatico a camminare, non esco più se non quando mi portano a fare esami e visite sanitarie». Ma Evelino Abeni, 83 anni, icona della sinistra stimato da amici e avversari, melomane e apprezzato autore di vari testi (ha contribuito a realizzare edizioni discografiche per far conoscere l’arte dei grandi cantanti cremonesi), non è solo. «Mi tengono compagnia la musica e i ricordi». I ricordi di una vita dedicata alla politica.


A partire dai 15 anni, ha svolto diversi lavori come apprendista tipografo, impiegato, magazziniere. E sempre giovanissimo si è iscritto al Pci ricoprendo molteplici incarichi ai più alti livelli nel partito (è stato segretario della federazione di Cremona dal 1975 al 1980) e nelle istituzioni: consigliere comunale dal 1965 al 1980, consigliere regionale dal 1980 al 1990, consigliere provinciale dal 1990 al 1995. Appassionato anche di bocce e ciclismo (nel suo lungo curriculum una sorpresa: è stato pure arbitro di calcio dal 1958 al 1960), abita in una casa accogliente del centro, tra quadri, stampe, libri. E tante fotografie alle pareti di lui con personaggi della politica e del sindacato, da Sergio Cofferati a Maurizio Landini, o del bel canto, come Renata Tebaldi. Lo assistono la moglie, Alma, e il figlio, Fabio (secondo nome Palmiro), che vive nell’appartamento vicino. Il padre è seduto in una poltrona del salotto. «Il mio regno forzato». Abituato a discutere indifferentemente e con competenza di guerre e amministrazione comunale, scenari internazionali e temi cittadini, accetta di parlare della sue condizioni di salute. «Da quasi un anno ho il Parkinson, me lo sono trovato addosso. È una cosa con cui convivi, ma che si trascina dietro un’altra serie di problemi. Mi trema la mano, non riesco a scrivere».

Evelino Abeni ritratto dall’artista Rosalba Fogliazza


Ha dovuto rinunciare, almeno in parte, ai commenti che spediva regolarmente a La Provincia, condivisibili o criticabili, mai però banali e superficiali. «L’ultimo è stato qualche mese fa sulla prima del Don Carlo alla Scala. Ho faticato tantissimo a completare l’articolo al computer». Abeni è uno dei maggiori esperti cremonesi di lirica, un fedelissimo del Ponchielli, suo consigliere d’amministrazione per 6 anni. «Una passione ereditata da mio padre, Mario, un corista con capacità di solista. Un bel basso che non ha fatto carriera perché appena tornato da un campo di prigionia in Germania ha cominciato a lavorare all'ospedale come infermiere». Il corpo del figlio non è più quello di una volta, la mente e la memoria, invece, sì. «Di solito dopo pranzo vengo qui e ascolto musica. Quante opere possiedo? Non sono in grado di dirlo con precisione: oltre 200 dvd (10 edizioni del Rigoletto) e la produzione discografica completa di Mozart, Schubert, Beethoven».


La moglie arriva premurosa dalla cucina con una delle medicine della giornata. Poi il marito riprende. «Oltre alla musica, mi tengono compagnia i libri. E gli amici che mi telefonano (mi sento con Leo Nucci, grande baritono) o vengono di persona, a cominciare da Giuseppe Azzoni, compagno di tante battaglie, che una o due volte alla settimana mi fa il ‘resoconto’ della situazione politica». Quella politica che Abeni continua a seguire da lontano, con la sua solita attenzione ma senza particolare entusiasmo. «L’ultimo incontro a cui ho partecipato è stato all’Anpi dopo l'inizio della guerra in Ucraina. Nell’Associazione partigiani stava prendendo corpo anche a Cremona una linea poco chiara circa la responsabilità della Russia». «È anche vero che Putin non ha tutti i torti», interviene Giuseppe Termenini, ambientalista storico, in visita al padrone di casa, che replica: «Si tratta pur sempre di un’invasione da condannare incondizionatamente».

Il politico cremonese a una manifestazione


La musica, i libri, gli amici. «E i ricordi, ci sono anche loro a darmi un po’ di sollievo. Sto notando che alla mia età si scopre l’importanza di fatti ai quali non ne avevamo attribuita mentre accadevano». Di ricordi politici (e non solo) Abeni ne ha un'infinità. Molti legati a nomi noti, che sembrano lontani, ma di indiscutibile valore. Come Pietro Ingrao. «Prima di un’iniziativa in città mi chiese la documentazione sulla situazione economica del territorio. Sostenevo le sue posizioni. Non erano pochi i compagni che la pensavano come me ma che poi si tiravano indietro». O Giancarlo Pajetta. «Si presentava al Parlamento nel collegio blindato di Cremona-Mantova, ma una volta, nel 1976, si offese perché i compagni mantovani non riproposero la sua candidatura. Si dovette fare molto per recuperare la sua presenza nel 1979. E dopo di allora non venne a Cremona».

Come fece, ma solo per i suoi fitti impegni, Enrico Berlinguer. «Dopo un suo comizio a Brescia, si complimentò con me per l’elezione dei consigli di quartiere di Cremona: l’affluenza fu del 77,60 per cento e il Pci ottenne il 37,02. Ma a colpirmi fu il fatto che un grande leader come lui si fosse interessato a quella consultazione. Dal punto di vista politico e culturale gli anni Settanta in città sono stati particolarmente ricchi. Avevo in mente di scrivere le mie memorie. Però...». Nel suo album una pagina è dedicata ad Aldo Protti, il baritono a cui parte della sinistra non perdonava i trascorsi repubblichini. Non lui, il dirigente di partito che ama Verdi.

Abeni accanto a Sergio Cofferati, segretario generale della Cgil 

«È stato il sottoscritto a tenere il discorso in occasione della posa della targa in ricordo di Protti nel foyer del Ponchielli». Ma l’episodio davvero indimenticabile è un altro. «Nel 1975 conquistammo 14 consiglieri comunali creando le condizioni per dare vita a un’amministrazione di sinistra. Per la prima prima seduta del consiglio comunale, il Salone dei Quadri era gremito di cittadini venuti per assistere al varo della giunta con a capo Emilio Zanoni. Seduto, come vicesindaco, accanto a lui c’ero io». Sembra un secolo fa. Da poco, invece, Abeni si è iscritto al Pd. Crede in Elly Schlein perché «è la più determinata nella ricerca di dare un’identità al partito». Tardo pomeriggio, sta arrivando l’infermiera, è l’ora dei saluti. «Tornate a trovarmi, mi raccomando. E non dimenticate: penso di essere io il decano dei politici cremonesi più anziani rimasti».

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