L'ANALISI
21 Febbraio 2024 - 16:25
SONCINO - «Non è un laboratorio, è una lezione vera e propria. Per capirci bisogna uscire dalla concezione ‘statica’ e classica dello studio. I ragazzi qui fanno teoria, sì, ma si passa dai banchi alla cucina e ai tavoli senza soluzione di continuità. Non c’è simulazione, l’esperienza sul campo è parte integrante della didattica».
Così Roberto Bulgaro, chef e docente di InChiostro, la scuola per maestri dei fuochi, diversamente abili e non, per maitre e barman ma anche per operatori del mondo agricolo, racconta la straordinaria esperienza del Ristorante didattico di Soncino nell’ex chiostro rinascimentale diretto da Alessio Gatta. Una scuola che ha anche una serra didattica, un orto didattico, un pastificio inclusivo e, per non farsi mancare nulla, pure un ‘food truck’. Qui i ragazzi coltivano, cucinano e servono, insieme ai loro professori. Il chilometro zero, in sostanza, diventa ‘centimetro zero’. E tutto è solidale e inclusivo. Che le tavolate siano sempre piene, quindi, non stupisce nemmeno più.
Ma perché ne parliamo? Presto detto: il Ristorante didattico ha appena riaperto. Boom di prenotazioni e di recensioni ‘da stellato’. Di servizio in servizio si alternano dieci ragazzi, sui 120 iscritti totali, ma ci sono anche ex studenti che tornano per diventare, dopo un stage, veri e propri professionisti. Che è la strada intrapresa da Fabio Zatti, per esempio, rincasato con la ‘maturità’ in mano (presa nel 2022) tramite il servizio civile, dal Bresciano.
L’ex allievo, oggi ‘commis’ qualificato: «Amo stare qui. Ho guadagnato grande esperienza e mi trovo benissimo coi miei colleghi. Che sono studenti come lo ero io e quindi – ironizza –, a volte ascoltano i ‘profe’ e a volte no. Grazie al Ristorante didattico ho conosciuto meglio questo lavoro e questo mondo, che va dal servire i piatti, certo fondamentale, al non meno importante rapportarsi con la gente. Lo rifarei mille volte».
I clienti vengono un po’ da tutto il circondario, hanno età diverse, gusti diversi, sperimentano menù speciali o studiati su particolari intolleranze e scelte etiche. Insomma, ogni commensale è ‘a se’. In comune c’è solo il giudizio finale: sono tutti contenti. Dei piatti, certo, ma pure della mensa e del bar. Perché ci sono anche quelle, sempre attive. «Certamente, di default, partiamo con l’obiettivo di dare un servizio perfetto. E siamo contenti di esserci sempre riusciti, ma non ci basta – dice Bulgaro –. Quel che più ci preme è dare ai nostri studenti, siano essi iscritti al Ppd (Percorso Personalizzato Disabili, ndr) o meno, la possibilità di una crescita scolastica, professionale e umana. Noi lavoriamo principalmente su questo fronte, che è la vera missione di InChiostro».
La cronaca di ieri? Sorrisi degli avventori, corse pazze dei ragazzi e dei ‘prof’, perché il pane dev’essere sfornato al momento (come tutto il resto). I taglieri di formaggi non lasciano il ‘passe’ se non sono impattati in modo elegante. Persino il sugo è spadellato un minuto prima di finire sul primo. E, per chi non dovesse crederci: la porta della cucina è quasi sempre aperta. E all’ingresso? Sempre gli studenti, che fanno accoglienza. Hanno 14, 15 o 16 anni. Ma danno ‘del lei’ a tutti. Impeccabili dalla divisa alla preparazione. Professionisti del domani? Forse già oggi.
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