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LA STORIA

Rifugiate a Cremona riabbracciano i genitori dopo due anni

A Fiumicino il ricongiungimento di una famiglia afghana in fuga dal regime talebano. Sono finalmente in Italia grazie al programma dei ‘corridoi umanitari’ realizzati da Caritas italiana

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

02 Agosto 2023 - 05:20

CREMONA - Dopo quasi due anni, sul viso di Sofia è tornato il sorriso. È accaduto dopo le 7 di ieri, all’aeroporto di Fiumicino dove lei e la sorella Aria, rifugiate a Cremona, hanno riabbracciato i loro genitori atterrati in Italia con un volo di linea dal Pakistan insieme ad altri profughi afgani. Sono finalmente in Italia grazie al programma dei ‘corridoi umanitari’ realizzati da Caritas italiana con Lucia Forlino che ne è la coordinatrice, in accordo con l’associazione Gruppo Incontro Odv — realtà fondata nel 1978 da madre Agata Carelli, della quale quest’anno ricorrono i 30 anni dalla morte — associazione guidata da Daniela Cima e con il patrocinio della Caritas cremonese.


Non c’è aggettivo che possa descrivere l’intensità di quell’abbraccio. Il distacco – dolorosissimo - dal padre Ghulam, 64 anni, preside in pensione, e dalla madre Faridah, 59 anni, casalinga che nella vita ha tirato su sette figli, laureati e laureandi sparsi per il mondo, avvenne in un altro aeroporto, l’Hamid Karzai di Kabul, mercoledì 25 agosto del 2021. Dieci giorni prima i taleban entrarono nella capitale, portando a termine la riconquista del Paese, dopo 20 anni. Il 19 agosto la famiglia lasciò in fretta e furia la casa in centro a Kabul dove da 8 anni Aria, laureata in matematica, insegnava, mentre Sofia studiava all’università. Per arrivare in aeroporto ci misero giorni.

I genitori (il papà lavorava con gli americani) erano nelle liste del governo italiano e se non fosse stata per quella maledetta bomba scoppiata fuori dall’aeroporto, sarebbero partiti tutti insieme. Mamma e papà invece rimasero al di là della rete. Sofia, Aria e un’altra sorella erano già al di qua. Si misero in fila sulla pista del Karzai, salirono su un aereo: il volo per il Pakistan, dal Pakistan alla Germania, dalla Germania a Roma, l’arrivo a Cremona dove sono state accolte in una struttura protetta con lo status di rifugiate. I genitori riuscirono a raggiungere il Pakistan, Islamabad. «Una tappa provvisoria». Così credevano.


«Aiutateci a portare qui i nostri genitori: se vengono rimpatriati in Afghanistan, rischiano la vita, soprattutto il nostro papà. Là ti vengono a cercare casa per casa», l’accorato appello lanciato da Cremona lo scorso marzo da Sofia e Aria intrappolate nelle pastoie burocratiche. Il 4 agosto di un anno fa, presentarono il carteggio per far ottenere ai genitori il visto d’ingresso. Il 7 settembre successivo, la doccia fredda recapitata dall’ambasciata d’Italia a Islamabad.

«Vista la richiesta di suo figlio/figlia per il visto d’ingresso… vista la documentazione depositata a corredo della stessa presso questa Cancelleria Consolare, ai sensi dell’articolo 10 bis della Legge 241/1990. Le comunico che la sua richiesta di visto d’ingresso all’oggetto indicata non è accolta per i seguenti motivi: dovrebbe pertanto presentare la informazione con prova documentale riguardo la residenza degli altri suoi figli… Distinti saluti». Ci sono voluti quasi due anni perché Sofia tornasse a sorridere, ieri all’aeroporto di Fiumicino, l’inizio di una nuova vita.

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