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Concerto inaugurale della Stagione concertistica

Stasera al teatro Ponchielli il Trio Diaghilev

Stravinskij, Ravel e Gershwin protagonisti del concerto inaugurale

Betty Faustinelli

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bfaustinelli@laprovinciadicremona.it

10 Dicembre 2013 - 13:09

Il Trio Diaghilev
Teatro Ponchielli ore 20.30
CREMONA — Inaugurazione con un affascinante programma imperniato su brani e autori del Novecento storico per la stagione concertistica del teatro Ponchielli, che si apre questa sera alle 20.30 con il Trio Diaghilev, formazione composta da Mario Totaro e Daniela Ferrati ( pianoforti ) , Ivan Gambini ( percussionii ) . In scaletta tre perle del ventesimo secolo trascritte per questa formazione: La Sagra della primavera di Stravinskij (nel centenario della prima esecuzione assoluta), La Valse di Ravel, Un Americano a Parigi di Gershwin. Il pubblico che ebbe il privilegio di ascoltare i suoni della Sagra, alla prima rappresentazione di Parigi, il 29 maggio del 1913, si accorse immediatamente della grande forza innovatrice, dello spirito visionario e dell’impetuosa energia della composizione di Stravinskij, destinata a trasformare per sempre la storia della musica e del balletto contemporanei. Il ritmo incessantemente incalzante e la melodia ossessiva rievocano lo spirito del rito tribale a cui l’opera si ispirava, come lo stesso Stravinskij scrisse: «Intravidi nella mia immaginazione lo spettacolo di un grande rito sacro pagano; i vecchi saggi, seduti in cerchio, che osservano la danza fino alla morte di una giovinetta che essi sacrificano per rendersi propizio il dio della primavera ». In occasione del centenario le riflessioni in proposito si sono moltiplicate: critici, musicologi — citiamo ad esempio l’articolo pubblicato il 18 settembre 2012 sul New York Times a firma di Anthony Tommasini: Shocking or Subtle Still Radical — e istituzioni concertistiche, celebrando questo anniversario, si pongono interrogativi sulla reale funzione dell’arte, sul suo ruolo nella società contemporanea, sulla capacità di un’opera d’arte di essere trasgressiva e provocatoria, e se è o no lecito esserlo con il solo obiettivo di far parlare di sé, dando vita ad una palese iniziativa pubblicitaria. Da parte di Ravel l’idea di scrivere «un grande valzer, una sorta di omaggio alla memoria del grande Strauss, non Richard, l’altro, Johann» risale al 1906. Nel 1919 il compositore francese riprese gli abbozzi che aveva abbandonato, essendosi manifestato da parte di Diaghilev un vivo interesse per produrre un nuovo balletto di Maurice Ravel dopo i successi di Adelaide, ou le langage des fleurs (22 aprile 1912) e di Daphnis et Chloé (8 giugno 1912). Ravel completò dapprima (febbraio 1920) la versione per pianoforte solo della Valse, poi (marzo) la versione per due pianoforti, e infine (aprile) la versione per orchestra. La struttura musicale di Un Americano a Parigi per ammissione dello stesso autore, era stata influenzata dalla moderna musica europea che, a sua volta, era pregna di impulsi , stimoli e ritmi dell’America dell’Era della Macchina. Dice infatti George Gershwin: «È mia intenzione ritrarre le impressioni di un visitatore americano a Parigi, come cammina attraverso la città, ascolta i vari rumori della strada, e assorbe l’atmosfera francese. Alla fine i rumori della strada e l’a tm osfera francese trionfano su tutto».
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