Come un elastico che si tira allo spasimo senza però spezzarsi e poi all’improvviso riscatta indietro, così Marina e Andrea vivono l’attrazione e il non sopportarsi reciproco, quel trovarsi, lasciarsi, perdersi e ritrovarsi, lontani nello spazio e senza mai però essere stato uno via dalla testa e il cuore dell’altro. Vivono lo sbandamento di un’epoca difficile, gli anni di questa crisi economica e sociale, vivono storie di famiglia difficili, vivono quell’incapacità di capirsi sino in fondo, di accettare l’altro, che si conquista solo col tempo e l’età. La storia d’amore tormentata di Marina Bellezza e di Andrea Caucino non racconta solo se stessa, ma appunto vorrebbe raccontarci un’epoca, un mondo e come reagire, quanta testa dura serve, quanta rabbia a far da benzina, quanta ostinazione, quanta sofferenza con cui riuscire a fare qualche conto, per avere un progetto e inseguirlo ostinatamente, contro tutto e contro tutti, facendosi male da soli perché solo dal cicatrizzarsi di quelle ferite può nascere il nuovo e magari un po’ di pace. Siamo nei monti sopra Biella, in Val Cervo, lungo la strada provinciale numero 100, che corre tra scheletri di lanifici, magazzini mai finiti di costruire, discount, mobilifici chiusi per fallimento «tutto arenato ai piedi delle Alpi, in balia della luce e del vento, alla deriva » come certi luoghi del Far West finita la festa e l’illusione della corsa all’oro. Tutto è desolato, abbandonato, spento, al contrario di quel che accadeva in ‘Acciaio’, il romanzoche ha rivelato Silvia Avallone, ora alla sua seconda prova, con al centro sempre dei giovani alla ricerca di se stessi e di una vita vivibile, usciti da famiglie disastrate che li hanno segnati pesantemente. Marina ha una madre alcolizzata e un padre sciupafemmine e che vive giocando, raccontando di casinò e di Montecarlo, ma in realtà bazzicando loschi locali della provincia, di cui lei vorrebbe tanto attirare l’attenzione, mache è capace solo a pensare a se stesso e a come passare la nottata.