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Cremona. Fino al 24 aprile

Presso Bertoldi Arte una mostra ricorda il pittore cremonese Spadari; esposte anche opere del padre Mario

Gigi Romani

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lromani@laprovinciadicremona.it

18 Aprile 2015 - 11:29

Presso Bertoldi Arte una mostra ricorda il pittore cremonese Spadari; esposte anche opere del padre Mario

Spazio Bertoldi Arte
via Cardinal Massaia
Cremona

18 aprile 1972, un terribile incidente automobilistico chiude la giovane vita del pittore cremonese Piergiulio Spadari (1947 - 1972). Una mostra lo evoca, nella sua liricità artistica, presso lo spazio Bertoldi Arte, via Cardinal Massaia, fruibile fino al 24 aprile. Un catalogo, correlato all’esposizione, ne ripercorre il vissuto ed evidenzia la grandezza pittorica, evaporata in quel terribile istante. L’amore per la natura, i paesaggi del Po, la giustizia sociale, le tematiche della sua contemporaneità, lo vedono interprete magistrale di un periodo storico delicatissimo, influenzato dalla contestazione giovanile del ‘68, dalla guerra del Vietnam, dalla fame nel mondo, dalla dilagante piaga della droga. Il tratto forte e pregnante, le forme quasi costruttiviste della figurazione, s’illuminano di una luce microfiltrata , terribile presagio dei futuri accadimenti. Come una inquieta, affascinante meteora, Spadari sembra interpretare perfettamente l’artista, anni ‘70, condannato a divenire un mito mediante un drammatico destino. L’unica mostra personale, nel maggio 1966, presso la Galleria La Cornice di Cremona, lo pone alla visibilità del mondo artistico, raccogliendo le attenzioni della critica dell’epoca, che ne enfatizza la figura, in attesa di una sua più matura diversificazione esperenziale. Probabilmente Spadari sarebbe diventato un grande artista, non tanto per questo effimero film sequenziale, vissuto fino all’ultimo respiro ma solo e solamente perché lui era già un grande artista grazie alla sua incantevole pittura, a tratti espressionista, a volte quasi surreale. Nelle opere di Spadari, raffinate frammentazioni geometriche creano un’osmosi tra dirompenti linee forza e ineguagliabili modulazioni tonali accentuando la ricerca di un’indefinibile arcano tracciato. Improvvisi bagliori e graffi di luce abbandonano uno spazio reale per fluire in una dimensione cosmica, trovando un perfetto equilibrio tra figurazione e colore, energia e profondità dell’anima. Silenti accadimenti, appena sussurrati, cadenzano il tempo, nelle irrevocabili dilatazioni cromatiche, dall’enigmatica e malinconica stratificazione bidimensionale.

Misteriose e indefinibili forme si alternano e si sovrappongono creando artifici modulari, intrecci segnici, inedite ritmicità tonali, dove la sintesi, si trasfigura in realtà complesse, innovazioni radicali, affascinanti rimandi. Un arcaico candore pervade le prime tele, dove il paesaggio cremonese si carica di effetti simbolici e assonanti. Maginot, 1963, appare come un’elegante sintesi di cristallizzate cromie dalla raffinata concettualità, mentre nell’opera La Pianta Gialla del 1965, forse ispirato al dipinto Case all’Estaque di Georges Braque (1908), l’artista annulla le profondità prospettiche alla ricerca di una nuova luminosità. Luce eterea e luce artificiale attuano un meditato confronto nel dipinto I Due Soli, dove due realtà urbane ed esistenziali si confrontano e si sovrappongono. In Sospiro, 1969, la virata Fauves si carica di cangianti tonalità per esplodere con tutta la sua dirompente vitalità lirica nel Temporale a Gussola 1970, simbolico dipinto, nel suo fluire materico, cadenzato da un succedersi di strutturate interrelazioni compositive. Il gesto segnico diviene elemento di continuità, sinfonia contemplativa dell’universo, gioia di vivere e nel medesimo tempo cupo presagio di una fine imminente. Inquietanti i suoi scritti e le riflessioni sulla finitezza e sulla morte, nere ombre, fluttuanti, sopra i suoi colori, immediati, sapienti, personali. Un senso di smarrimento e provvisorietà traspare dalla nature inanimate con vasi di fiori, bambole, scarnificate radici, sovrastate da improbabili e surreali raffigurazioni di cieli rannuvolati. Oltre il Campo Giallo delimitato da esili pioppi, l’orizzonte si perde oltre l’infinito, oltre il filare ultimo, oltre quella lanca, desolata, immobile, silente. La terrificante uscita di strada, lo schianto, il buio. Il dipinto, utilizzato per l’ultima mostra, esce dall’abitacolo, vola come un angelo nel vuoto per poi accarezzare il prato di spighe e papaveri, lasciando sulla sua superficie frammenti di profumate infiorescenze, ancora visibili oggi. A Piergiulio Spadari  è stato dedicato, nel 1982, un Premio Nazionale di pittura, organizzato dal gruppo culturale Al Dodas di San Daniele Po, che si potrebbe rinverdire e dedicare alle giovani generazioni di pittori, alla dolcissima madre e alla memoria del padre Mario, valente artista, presente all’esposizione con sensibilissime opere, autentiche testimonianze di un amore paterno, oltre i confini dell’essere.

Gianluigi Guarneri

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