L'ANALISI
BASKET: PICK AND ROLL
31 Dicembre 2025 - 14:05
Ousmane Ndiaye ed Edoardo Del Cadia al tiro
CREMONA - Lunedì sera al Palalido è andata, secondo pronostico, come doveva andare: alla fine ha vinto la squadra più forte tecnicamente e fisicamente, il temuto bagno di sangue è stato contenuto in termini accettabili, e - la cosa più importante - nessuno si è fatto male.
Che per la Vanoli sarebbe stato quasi impossibile, in questa fase della stagione, equilibrare l’enorme gap di differenza con i ragazzi rosso scarpati del vate Peppe, lo si sapeva. D’altronde era matematico che, dopo lo scacco matto di Bologna, i pianeti non si potessero allineare due volte nello stesso anno solare. La partita con l’Armani però è stata ugualmente importante, nonostante la sconfitta (quinta consecutiva) e questo indubbiamente mette apprensione perché si sono avute risposte ai quesiti emersi durante questa striscia negativa che ha riportato tutto l’ambiente vanolino (pubblico compreso) coi piedi per terra e, soprattutto, nella parte destra della classifica con cinque formazioni (Udine, Varese, Sassari, Trento e Cremona, appunto) a quota 10, due punti dietro dalla quota Final Eight di Coppa Italia in cui si trovano Trieste e Napoli, e quattro punti avanti la coppia al penultimo posto, Cantù e Reggio, mentre il fanalino di coda Treviso ha licenziato coach Rossi ed è passata a Marcelo Nicola.
Tornando alla prestazione della squadra del Gigi da Cittadella in quel del capoluogo lombardo, si è potuto verificare il miglioramento auspicato dal punto di vista fisico di Durham, non ancora al 100% della condizione ma sicuramente più impattante rispetto alla gara precedente. Restando in cabina di regia, è stato ancora troppo alterno il rendimento di Casarin, entrato in campo con la voglia di spaccare tutto e invece andato incontro a scelte alquanto rivedibili; Davide è troppo importante per gli equilibri biancoblù e deve tornare al più presto il giocatore ammirato prima della convocazione in Nazionale.
Chi deve ritrovare la propria identità è anche Willis (anche lui non al meglio nelle scorse settimane), l’uno su otto da tre punti non è da lui, pur rimanendo uno dei giocatori più pericolosi nel mirino delle difese avversarie. Lo stesso Veronesi ha perso quella peculiarità di ‘strapparetine’ col suo tiro dalla distanza, tenendo comunque conto del fatto che si da davvero molto da fare in difesa e questo gli fa sprecare energie. Fa sempre qualcosa di buono Jones, anche a Milano è stato tra i fautori della rimonta a cavallo tra secondo e terzo quarto ma da lui sarebbe gradita un po’ più di intraprendenza.
Reparto lunghi: come per i compagni è complicato dare giudizi per un match fisicamente tra i più complicati contro omaccioni del calibro di LeDay, Nebo o Booker, ma è chiaro che per la Vanoli ci sono due quintetti, quello con Anigbogu e quello senza. Ike ha la stazza per tenere maggiormente (8 punti e 8 rimbalzi contro Milano), ma quando viene richiamato in panchina è difficilissimo sopperire sotto canestro. Grant ci mette tanto impegno ma i centimetri di differenza non lo aiutano, stesso ragionamento per il capitano Burns, mentre Ndiaye è più ala pura e mentalmente non è abituato ad aiutare nei meccanismi sotto i tabelloni.
Fortunatamente non tutte le avversarie sono Milano, ora ci si deve concentrare sul delicatissimo prossimo impegno; domenica alle 17.30 al PalaRadi arriva la UnaHotels Reggio Emilia dell’ex Barford, reduce dal ko di Tortona, per una sfida che la Vanoli deve vincere per interrompere la striscia negativa, riprendere vigore in classifica e mantenere/aumentare il distacco nei confronti delle concorrenti alle spalle, tra cui appunto la formazione emiliana.
SERIE A2
La pallacanestro è lo sport più bello del mondo perché una partita non è mai finita sino alla sirena finale. È una disciplina che sa regalare emozioni fortissime, ma è allo stesso modo crudele e in grado di trasformare un sogno in incubo nel breve volgere di pochi minuti, a volte pochi secondi.
La Ferraroni JuVi sa cosa vuol dire la frustrazione di aver visto il nastro del traguardo finale, per poi vederselo soffiare negli ultimi istanti. Con Cividale, la forte Gesteco sia a livello tecnico sia atletico, la vittoria era lì a portata, con la squadra cremonese avanti di 9 a tre minuti dal termine e di 8 a 2'26" dallo striscione d'arrivo. Barbante e Vecchiola sembravano aver sigillato lo scrigno contenente due punti pesantissimi per la classifica, già sembrava...
I friulani trascinati dal capitano Rota e dal gioiellino Francesco Ferrari (a fine gennaio il suo passaggio alla Virtus Bologna) hanno infilato il parziale che ha portato prima al pareggio, poi al ribaltamento totale nell'overtime. L'ennesima beffa genera ulteriore frustrazione in tutto l'ambiente juvino, per l'incapacità atavica dei giocatori di mantenere il vantaggio stavolta costruito con una difesa finalmente aggressiva e convincente, grazie a raddoppi portati in modo perfetto e ad una organizzazione di squadra a ottimi livelli, per 37 minuti.
Ma, dicevamo, la pallacanestro sa essere terribilmente crudele se non giochi con la stessa intensità per tutti i 40 minuti, nell'ultimo caso 45; l'esito finale del tempo regolamentare non dava adito a buone aspettative per il supplementare e così è stato, il vantaggio psicologico e di esaltazione collettiva erano tutti a favore degli ospiti.
La Ferraroni JuVi deve mangiarsi unghie, dita e la mano completa ripensando a quale pazzesca occasione ha gettato via in malissimo modo, tutto partendo da quella gestione da film dell'orrore degli ultimi tre minuti nei quali sono stati commessi imprecisioni madornali, con l'errore di Garrett a pochi secondi dal termine - il tiro dai tre-quattro metri, senza difesa, che avrebbe potuto cambiare l'esito del match – che è solo la punta dell'iceberg. Avanti di 8 a 2'26" grazie all'entrata di Vecchiola, Garrett e compagni hanno scordato totalmente il bonus falli degli avversari, cercando solo ed esclusivamente soluzioni dalla lunga distanza con esito nullo; l'uomo del risveglio friulano, Rota, ha fatto quel che ha voluto nell'ultimo quarto, 14 punti con tre triple di cui l'ultima a 39 secondi dalla sirena.
È vero che nel basket moderno i giocatori, ma anche gli allenatori, preferiscono far giocare sperando nell'errore altrui, ma sull'uomo che ha di fatto deciso la contesa (e provare a mettergli contro un difensore come La Torre?) andava fatto fallo prima del tiro dalla lunga distanza sul punteggio di 74-71 per la JuVi; meglio subire i due tiri liberi o lasciare i tre punti? Mi pare che la risposta sia ovvia. Certo, dopo andavano gestiti altri 39" e non sappiamo come sarebbe andata a finire, ma in ogni caso meglio subire il male minore per poi provare a chiudere la sfida.
Ha ragione Bechi quando dice che la Ferraroni ha tenuto testa a un grande team, ma sbaglia quando chiede credito alla fortuna. A volte la buona sorte bisogna essere in grado di andarsela a cercare, e proprio perché la pallacanestro sa essere un gioco crudele, servirebbe in certi momenti fare affidamento a maggiore astuzia (o malizia), caratteristica che questa squadra nel girone di andata non ha mai dimostrato.
Dopo 19 giornate e un bilancio di 6 vinte e 13 perse (10 ko nelle ultime 12) la situazione in classifica è complicata. Il nuovo anno porta in dote un girone di ritorno che vedrà la Ferraroni JuVi affrontare domenica 4 gennaio (ore 18) la trasferta sul campo dell'Unieuro Forlì; entrambe si trovano al terz'ultimo posto a quota 12, con il vantaggio cremonese di aver vinto il confronto di andata con 8 punti di scarto. Un match che potrebbe davvero valere molto.
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