L'ANALISI
13 Luglio 2022 - 05:20
SAN BASSANO - Oltre il tempo c’è lo spettacolo. Laddove la prestazione diventa una espressione di coinvolgimento del pubblico. E la sua energia apre a infinite sfumature di emozioni. Proprio in funzione di questa visione, Marta Cavalli ha collocato il suo Giro d’Italia. Portando così la corsa oltre i confini numerici scanditi in gara dai secondi di distacco. Catturando l’entusiasmo dei tifosi con le sue azioni. Accendendone la passione. Abbastanza per affermare che questa edizione non sarà ricordata solo come la terza vittoria di Annemiek van Vleuten, ma soprattutto come l’incrocio tra la fuoriclasse olandese e la giovane italiana. Un duello che si è giocato sul tempo della classifica generale, su quei secondi difficili da prendere alla maglia rosa. Ma è diventato anche uno splendido racconto di una sfida di testa e di gambe. Di mentalità e di forza. E, non per ultimo, di sportività. Tutto così accattivante e appassionante. Insomma, un vero show in tutti i sensi. Tanto che la fotografia della cremonese sul palco delle premiazioni finali a Padova, accanto alla maglia rosa, ha mostrato comunque un sorriso fiero per quanto riuscita a fare nelle dieci tappe di questa edizione.
Marta, cosa dice il secondo posto di quest’anno?
«Il risultato finale in classifica è la conferma della buona preparazione fatta e della corretta interpretazione delle tappe insieme al team: abbiamo corso in modo intelligente e aggressivo. Sono felice di com’è andato questo Giro».
È partita con un obiettivo preciso: dare spettacolo. Deve essere soddisfatta perché le è riuscito molto bene.
«Mi sono divertita e ho avuto lo stesso riscontro positivo dalle persone che hanno seguito le tappe a bordo strada e da casa. Questo mi dà grande gioia personale: dare spettacolo era infatti un mio proposito in partenza».
Van Vleuten ha confermato di essere una fuoriclasse, lei però non è lontana: anche questo ha rimarcato il Giro. Come analizza il duello con l’olandese?
«Van Vleuten si è confermata la più forte di tutte. Non ero distante, ma più volte si è dimostrata superiore, con più forza e preparazione. Però lei ha molta più esperienza e non mi sento intimorita da questo. Anzi, sono contenta di esserle arrivata così vicino, nonostante proprio una mia minore esperienza e un fisico che probabilmente ha bisogno ancora di qualche anno per maturare completamente o comunque per arrivare ai suoi stessi volumi di lavoro».
Facendo quindi una valutazione complessiva?
«È un Giro che valuto positivo. Certo, il pensiero era alla maglia rosa, ma era difficile da raggiungere ed essere riuscita a conquistare comunque il secondo posto nella graduatoria generale sottolinea quanto le corse a tappe possano essere un terreno buono per me».
Quali sensazioni ha avvertito nel passare dal lottare per vincere la singola tappa dello scorso anno al lottare per la maglia rosa di quest’anno?
«È stato un bel cambiamento. Il Giro 2021 non era iniziato nel modo migliore ed era stata una corsa tutta in rimonta, mentre in questa edizione siamo partiti con un obiettivo preciso, mentalmente sono rimasta concentrata per tutti i dieci giorni e il tempo lasciato sul terreno è stato solo per superiorità degli avversari».
Riavvolgiamo brevemente il nastro del Giro: tappa di Cesena, pensava si potesse già creare uno sviluppo così marcato in graduatoria generale?
«Riguardando com’è partito il Giro, probabilmente quella frazione è stata un po’ sottovalutata da tanti. Non sapevamo bene cosa aspettarci, ma nel dubbio noi eravamo pronte, e infatti quando si è fatta la selezione c’eravamo ed io ero nelle prime posizioni. Purtroppo, il percorso non si adattava completamente alla mia preparazione e mi ha visto un po’ soffrire. Anche perché dovevo ancora accendere bene i motori: poi con il passare delle tappe mi sono sentita sempre meglio affinando il feeling con la corsa, con gli sforzi intensi e i risultati si sono visti».
Nelle frazioni in montagna è stata una sfida intensa con Van Vleuten: c’è un momento del vostro duello che le rimarrà in particolare?
«Mi è stato lanciato questo guanto di sfida e l’ho accettato volentieri: è stato divertente. Il ricordo più bello è legato all’ultima salita dell’ottava tappa con arrivo ad Aldeno: lei era sempre poco più avanti a me, cercava di spingere al massimo, ma non riusciva a guadagnare. Poi sulla parte di falsopiano lei è molto più potente e ha creato il distacco, ma in quella salita siamo sempre rimaste lì, vicinissime. Questo aspetto mi dà tanta fiducia e mi servirà da stimolo per i prossimi mesi come obiettivo per migliorare».
Al termine del Giro come ha festeggiato?
«In famiglia la sera, molto tranquillamente. Devo dire però una cosa: è stata una festa durante tutto il percorso, perché ho ricevuto tanto affetto da chi è venuto a vedermi. Ogni giorno tagliare il traguardo era una piccola festa e soddisfazione personale».
L’edizione di quest’anno è arrivata in cinque città: un’altra conferma della crescita dell’interesse per il ciclismo femminile, è d’accordo?
«Mi ha fatto piacere questa sua evoluzione ed è stato un bel viaggio. Abbiamo percepito che si è mosso qualcosa di importante. Non solo per le coperture mediatiche, ma anche dall’attenzione delle persone. Ho ricevuto tanto affetto e questo mi ha colpita nel cuore. Vi racconto anche un piccolo aneddoto».
Prego…
«Sabato prima della partenza non sono riuscita a togliere gli occhiali perché ero veramente emozionata. Facevo fatica a non avere gli occhi lucidi proprio per il grande calore mostrato dal pubblico».
Quanto tempo dedicherà al recupero, con il Tour al via tra soli undici giorni?
«Lunedì ho fatto una piccola sgambata, ieri riposo, poi vedrò in base alle sensazioni di questi giorni. Sicuramente servono tre o quattro giorni tranquilli per fare ciò di cui il mio corpo ha bisogno, poi si inizierà l’avvicinamento al Tour, senza strafare, perché la condizione è quella buona».
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