L'ANALISI
29 Ottobre 2024 - 20:34
CREMONA - È uno dei ‘ragazzi’ di don Roberto Musa, cappellano del carcere di Ca’ del Ferro e presidente di ‘Fratelli Tutti’, la cooperativa che due anni fa ha inaugurato una panetteria solidale in città. Un luogo speciale, perché le mani in pasta le mettono giovani con fragilità. Ma anche i detenuti nel loro percorso di giustizia riparativa. Tra questi, un ragazzo di 27 anni. A fine anno avrebbe finito di scontare una condanna. Intanto, era stato ammesso al lavoro esterno in panetteria.
La mattina infarciva le brioche e le infornava. Poi faceva le consegne. Anche la domenica. Terminato il lavoro, rientrava a Ca’ del Ferro. Il lunedì era il suo giorno libero. E proprio ieri, in carcere gli hanno trovato della droga: manette.
oggi il giudice ha convalidato l’arresto. Difeso dall’avvocato Marco Bencivenga, il 27enne sarà processato il 19 dicembre prossimo. Intanto, però, si è bruciato la bellissima opportunità del lavoro esterno nella panetteria solidale.
Qui oggi erano tutti molto avviliti. E dicono che lo sia molto anche don Musa, il sacerdote da 15 anni cappellano del carcere, due anni fa intervenuto al taglio del nastro del negozio laboratorio. «Noi — aveva spiegato — siamo aperti a nuove esperienze di formazione e di inserimento lavorativo anche di persone che sono in detenzione presso la casa circondariale. Realtà e situazioni che spesso vengono viste come problematiche, al contrario sono delle risorse per la realtà sociale della nostra città. Vogliamo anche essere un ponte attraverso il quale ancora di più la casa circondariale si apra sul nostro territorio. Senza la loro collaborazione e disponibilità non saremmo riusciti a realizzare nulla. Un grazie di cuore anche a loro». E «ai lavoratori che ci mettono la passione in quello che fanno senza guardare l’orario».
Un sacerdote, don Musa, che si spende molto nell’aiutare i detenuti a progettare un futuro. Molto apprezzato è stato il suo intervento alla maratona oratoria organizzata dalla Camera penale, a giugno scorso nel cortile Federico II. Vale la pena ricordarlo. Parlando delle misure alternative, aveva detto: «Noi abbiamo a Cremona una marea di persone che in carcere non ci dovrebbero stare. Dove pero? Anche con residui di pena che di per sé non prevederebbero più la carcerazione, però dove vanno? La speranza richiede un lavoro continuo, una presenza quotidiana, perché, sennò, si rischia con degli spot di fare più del male che del bene. Bisogna cercare di costruire ponti stabili con la realtà esterna, con il territorio, con le aziende, con le imprese, con le realtà commerciali, con le scuole, con tutto ciò che educa nel nostro territorio. Se noi vogliamo fermare gli atti estremi, dobbiamo cercare di fare in modo che il futuro abbia un senso per chi è in carcere. Dobbiamo aiutarlo a desiderare un futuro, a sognare, costruire, progettare. È quello che dà il sale, il senso alla nostra vita. Figuriamoci dentro là. Nel momento in cui sei rinchiuso, non hai più non solo la possibilità, ma nemmeno il diritto di sognare, di progettare il tuo futuro».
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