L'ANALISI
30 Luglio 2019 - 07:00
LONDRA, 29. — Chi ha detto che i londinesi non si entusiasmano per le Olimpiadi? Chi crede in una cosa del genere avrebbe dovuto trovarsi oggi verso mezzogiorno presso lo stadio olimpico di Wembley ed assistere agli sforzi dei poliziotti, grondanti di sudore, che all'esterno della grandiosa arena in cui stava per svolgersi l'inaugurazione della XIV Olimpiade, si affannavano a controllare — spesso senza riuscirvi — le migliaia e migliaia di automobili e di autobus e le decine di migliaia di pedoni che affluivano verso lo stadio per convincersi del contrario.
Già durante la notte Londra, alla quale è stato rimproverato di non saper avuto dare alla XIV Olimpiade una veste abbastanza spettacolare, una accoglienza sufficientemente vistosa, aveva cercato di rimediare alla accusa; le principali strade della metropoli avevano indossato per così dire la loro «veste Olimpionica».
Alle 13 (ore 15 italiane), già trentaduemila persone avevano preso posto nello stadio di Wembley. Un'ora prima di quella fissata per l’inizio ufficiale dei Giochi Olimpici il Sovrano, Re Giorgio VI, accompagnato dalla Regina Elisabetta e dalla principessa Margaret, nonché dal primo ministro Attlee e da altri membri del Gabinetto si è recato allo Stadio. Il Re è stato ricevuto ufficialmente dal comitato olimpico internazionale, mentre le bande della Guardia intonavano l’inno nazionale britannico «God save the King». Nel palco reale hanno preso posto anche lo Scià di Persia, il principe Bernardo di Danimarca e il segretario generale dell'O.N.U. Trygve Lie. Subito dopo, mentre le bande intonavano la «Entrata dei gladiatori» si è iniziata la sfilata degli atleti olimpionici nell'arena.
La fiaccola Olimpionico è entrata nello Stadio di Wembley un quarto d'ora prima dell'orario previsto con il suo portatore John Mark, atleta e studente di medicina all’università di Cambridge.
Esattamente alle sedici e sette minuti, John Mark ha acceso la face olimpica che brucerà giorno e notte per tutta la durata dei Giuochi. Quindi l'Arcivescovo di York ha pronunciato l'indirizzo dedicatario, e un famoso atleta britannico, Donald Finlay, circondato dagli alfieri delle bandiere di tutte le nazioni, ha pronunciato la formula del giuramento olimpico. Tutti i partecipanti hanno risposto alle sue parole alzando la destra. Sono echeggiate poi le note dell'inno nazionale inglese, mentre gli alfieri inchinavano le bandiere e seimila piccioni venivano lanciati per annunciare a tutto il mondo l'apertura dei giochi olimpici. In breve quindi, l'arena di Wembley si è vuotata.
Il ministro degli Esteri Bevin ha indirizzato ai partecipanti un messaggio che è stato trasmesso per radio e il cui tenore è il seguente: «Noi inglesi siamo felici ed onorati di ospitare le prime Olimpiadi dei dopoguerra. Rivolgo un sincerissimo benvenuto ai competitori e a tutti gli altri visitatori d'oltre mare. Voi vi incontrerete nelle vostre competizioni a Londra, la capitale assoggettata dal nemica a malvagi attacchi. Lasciate che io esprima nuovamente la speranza che questa Olimpiade non sarà solamente un grande avvenimento sportivo internazionale, ma accrescerà anche l'amicizia e la comprensione fra le nazioni».
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