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LE STORIE DI GIGIO

Mino e la trattoria Cerri: i suoi (e i nostri) ricordi

Mina, Tognazzi, i calciatori, i politici, gli amici. Viaggio nel tempo di un locale che manca

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

15 Dicembre 2025 - 05:20

Mino e la trattoria Cerri: i suoi (e i nostri) ricordi

CREMONA - Un quaderno con la copertina verde, come tanti, semplice. Eppure custodisce un tesoro: i ricordi dell’arzillo anziano che si muove nella sala con le sedie impilate una sopra l'altra e gli scatoloni. Un padrone di casa che non ha bisogno di presentazioni. È Giacomo Cerri, per tutti Mino, 86 anni, ex titolare dell’omonima trattoria di piazza Giovanni XXIII. Un santuario, più che un ristorante, della cucina padana.

Da questi saloni, ora chiusi e riscaldati solo da una stufetta elettrica, sono passate generazioni di cremonesi ma anche stelle del mondo dello spettacolo e dello sport, della musica e del cinema. Cerri apre quello scrigno. «Ho pensato che fosse venuto il momento di mettere ordine nelle mie memorie».

Lo storico locale è ricavato in un edificio che era adibito al convento di una congregazione di frati facenti capo alla chiesa di San Sepolcro. I primi gestori sono stati, dal 1912 al 1923, i fratelli Quarantani, seguiti, nel periodo 1923-1937, dalla famiglia Bertoglio. «I miei, che abitavano a Stagno Lombardo, sono subentrati nel 1937». La licenza per la somministrazione di alimenti e bevande era intestata al nonno Giuseppe.

genitori

«La nostra parabola è raccontata nelle fotografie affisse alle pareti». In una, dietro al banco, sono ritratti i genitori di Mino, Luigi e la mitica Walda, con i figli, Mario, e lui, il secondogenito. «Non mi piaceva studiare e così ho cominciato a lavorare qui, all’età di 12 anni». Lo avrebbe fatto per 58 anni filati, dal 1952 al 2010, «per la precisione, il 30 settembre».

La fortuna del posto è stata la vicinanza con il vecchio ospedale. Oltre a medici e infermieri, i parenti e gli amici dei degenti, provenienti dalla città o dalla campagna, vi facevano tappa dopo la visita al loro capezzale. Accanto alla locanda, il deposito per le carrozze, poi trasformato in ricovero di biciclette. «Lo gestiva Iginio Sartori, un bravo pittore».

Alla chiusura del nosocomio, nel 1970, i Cerri hanno avuto la felice intuizione di convertire sempre più l’osteria in trattoria, mantenendo la prima («Si pigiavano 450 quintali di uva bianca a stagione») e sfornando piatti legati alla tradizione: marubini e bolliti, risotti e brasati. Immancabile, al venerdì, il merluzzo fritto. «Tra le altre nostre specialità, lo stinco di maiale, le patatine e la torta con lo zabaione: una vera perla».

Delizie assaporate anche dal cliente in testa all’elenco sul quadernetto. «Domenico Luzzara veniva ogni lunedì. Ho sempre seguito la Cremonese, partivo in bicicletta per lo stadio un quarto d’ora prima della partita anche se il ristorante era pieno». Il super tifoso mette in fila con lucidità le date e scandisce le formazioni delle squadre, riserve comprese.

«Il primo incontro che ho visto è stato, il 17 gennaio 1948, quello con la Carrarese, 3-1 per noi. Le tribune non erano in cemento ma di terra; bastava che piovesse un po’ per scivolare via». Per ogni campione, in attività o ex, un aneddoto.

«A Sandro Mazzola, seduto laggiù, ho chiesto di autografare la pergamena che mi aveva consegnato il Milan Club di Cremona per la mia fede rossonera. Lui però si è accorto della firma di Gianni Rivera. 'No, non posso', ha risposto, ma con leggerezza. Non me la sono presa, fa parte del gioco». Era da solo anche Osvaldo Bagnoli, l’inventore del Verona dello scudetto.

libretto

«Cremone-Verona: 1 a 5, loro sono saliti in A con la Sampdoria e il Pisa, mentre noi siamo rimasti in B, a metà classifica». A proposito di allenatori, è entrato nella trattoria anche Giovanni Trapattoni. «A parte il solito 'come va?' non ho avuto l’occasione di scambiare con lui molte parole. Avevo poco tempo, oltre che intento a servire, ero di supporto in cucina, dove mia moglie preparava i primi e mia cognata i secondi, mentre Mario si occupava del bancone».

Non mancava mai la famiglia Vialli. «Il loro tavolo era nell’altra stanza, il numero 12, sette posti. Gianluca era un bambino e ha continuato ad essere dei nostri anche quando ha sfondato». Tra gli habitué anche Aristide Guarneri. «Ero a San Siro, dietro la porta, quando, il 1 novembre 1965, ha segnato la rete della vittoria contro la Russia di Jascin. Chiamo sempre Aristide il giorno del compleanno, ma colgo l’occasione per salutarlo in anticipo».

Tanti giocatori, in piazza Giovanni XXIII, come pure tavolate di arbitri e molti ciclisti. «Ad esempio, Vittorio Adorni: ho tenuto a fargli sapere che ero un 'coppista', un fan di Coppi. E Gianni Motta: mi ha firmato quattro volumi fotografici che ho poi donato al Museo del ciclismo al Cambonino».

Non meno ricca è la categoria 'spettacolo e televisione'. Inaugurata, come nello sport, da cremonesi. «Ugo Tognazzi, da qualche parte ho una foto con lui, e Mina. Non era ancora Mina quando, di ritorno da un ufficio nel quartiere, si è presentata non per mangiare ma in cerca del bagno. 'Certo, signorina'. Quel posto vicino alla cucina era riservato alla troupe al completo dello sceneggiato su Giuseppe Verdi, girato in città nel 1979: attori, attrici, produttori e il regista, Renato Castellani. Siamo diventati amici. Quando si sono spostati a Soragna, un martedì, giorno di chiusura, sono andato a trovarli. 'Cosa ci fai qui?', mi hanno chiesto; 'Ricambio il favore', ho risposto.

Negli anni ho accolto Lauretta Masiero e Michele Placido, Alberto Lattuada e Remo Girone. Anche Renato Pozzetto e Dalila Di Lazzaro: smontati dal set, hanno chiesto a mia cognata il favore di cambiarsi nel suo appartamento sopra la locanda». Lungo anche l’elenco dei cantanti, a cominciare da Lucio Dalla e Riccardo Cocciante, «reduce da un concerto al Ponchielli». Musica leggera ma anche classica. «È stato qui Salvatore Accardo, per la gioia di mio fratello, appassionato di opera lirica».

Un posto particolare nell’album è riservato a Enzo Tortora. «Mi ha colpito, sembrava molto affaticato». Un capitolo pure per i sindaci di Cremona, da Vernaschi in poi, e i politici, di ieri e oggi: Donat Cattin, Casini, Lupi, Bersani, Delrio ed Enrico Ferri, «il ministro del limite dei 110 chilometri all'ora in autostrada». Spunta Armando Cossutta, con la precisazione 'per due volte'. Mezza colonna della lista è dedicata ai sacerdoti. I loro nomi sono tanti, quasi come quelli dei giornalisti, da Gianni Minà a Gianpaolo Ormezzano.

La trattoria ha spento le luci nel 2022 e non le ha più riaccese. È ancora in vendita. Ma questa storia non potrà oscurare la vera storia, consegnata al quadernetto verde.

Non ne sarà mai scritto un altro, che avrebbe bisogno di molte più pagine: quello dedicato agli avventori normali, accolti in questo angolo fatto di una cucina senza tempo e di un’ospitalità antica.

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