L'ANALISI
03 Settembre 2022 - 09:42
CREMONA - Momento drammatico per le Rsa della provincia, colpite duramente da due anni di pandemia e oggi alle prese con il vertiginoso aumento dei costi dell’energia. Bollette di luce e gas alla mano, è corsa a ostacoli e pure contro il tempo per sottoscrivere i contratti con i gestori — laddove sono scaduti o in scadenza — e assicurare forniture a prezzi bloccati per il prossimo inverno. Come spiega Giovanni Scotti, presidente di Arsac, Associazione delle Residenze Socio sanitarie della Provincia di Cremona: «Proprio ieri abbiamo chiuso la gara per il gas e sottoscritto un contratto aperto con A2A firmato dalla ventina di Fondazioni che vi hanno aderito. Entro dicembre metteremo in atto la medesima procedura per l’energia elettrica». Le residenze per anziani vivono nel quotidiano alle prese con riscaldamento, organizzazione delle cucine, illuminazione, condizionatori e il caro prezzi dell’ultimo periodo è stato per molte una batosta. «So che alcuni strutture si sono ritrovate utenze quadruplicate, mese su mese, rispetto a un anno fa. Costi esagerati che per noi stanno per diventare insostenibili. Ma le case di riposo non possono certo risparmiare né su riscaldamento d’inverno né sul condizionamento in estate. Offriamo un servizio essenziale di sostegno al bisogno rispondendo alle necessità inderogabili di pazienti e famiglie. Eppure siamo una delle categorie più colpite dal caro energia — prosegue Scotti —, oggi a rischio collasso. Inascoltati, non riconosciuti».
Agli esiti della pandemia che ha colpito duramente i conti e i bilanci delle Rsa cremonesi, si somma — ma non è una novità — la difficoltà della organizzazione quotidiana a causa della carenza di personale. «Medici, infermieri, educatori preferiscono prendere la strada del pubblico anziché restare nelle Fondazioni, anche per questioni di natura economica. La legislazione ha favorito quel settore e penalizzato chi svolge un servizio essenziale di sostegno al bisogno — ribadisce Scotti — purtroppo non ancora riconosciuto nonostante siamo arrivati a gestire cinquemila posti letto e dare lavoro a ottomila persone. È tollerabile ancora a lungo? Dire proprio di no». Che fare, dunque? Ricorrere al male estremo dell’aumento delle rette? Al momento un’ipotesi non praticabile con il rischio — da parte di alcune strutture — di non poter più garantire i servizi erogati fino ad ora. E di nuovo le famiglie, se non gli stessi incolpevoli ospiti, ne farebbero le spese.
Non esita a definire drammatica la situazione anche Walter Montini, già presidente di Arsac e oggi coordinatore con il presidente della Rsa di Trigolo, Augusto Farina, del tavolo sull’energia. Le rette non si toccano — attacca Montini —: anche pochi euro in più al giorno per reggere il colpo delle bollette non è la soluzione. Una gara è stata chiusa, quella del gas, un’altra è alle porte, e riguarderà la bolletta dell’energia elettrica. Stiamo unendo le forze». In Arsac, dunque, si sta ragionando su come intervenire per scongiurare il peggio. Delle gare per strappare i prezzi migliori di luce e gas si è detto, ma l’appello a chi governerà dopo il 25 settembre è d’obbligo. «Le Rsa non sono aziende, non possiamo neppure pensare di chiudere e mettere in cassa integrazione i dipendenti. Oppure tagliare i gradi della temperatura o del raffrescamento. Non siamo aziende e quindi non usufruiamo di crediti di imposta e benefici fiscali. Tema sul quale mi piacerebbe aprire un confronto e interloquire con il governo che verrà — chiude Scotti —. Che qualcuno ci aiuti, altrimenti molte strutture saranno in ginocchio».
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