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I CONTI IN TASCA AI CREMONESI

Più ricchi e più tassati, l’Irpef vale 5.639 euro

La provincia è al 26° posto in Italia per contributi e al 22° per redditi dichiarati nel 2023

Claudio Barcellari

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redazione@laprovinciacr.it

07 Settembre 2025 - 05:15

Più ricchi e più tassati, l’Irpef vale 5.639 euro

CREMONA - Ma se volessimo davvero farli, i conti in tasca ai cremonesi, vedremmo la città del Violino collocarsi nella top-25 a livello nazionale, con un portafogli di tutto rispetto: mediamente, i lavoratori residenti in provincia dichiarano un reddito di 26.326 euro all’anno. Lo segnala il report dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, elaborato su dati del 2023; da cui si evince che Cremona supera di gran lunga l’asticella fissata dalla media nazionale (24.829 euro), attestandosi al 22esimo posto nella classifica delle provincie italiane. Una buona notizia, che però obbliga a guardare anche all’altra faccia della medaglia: più alti i redditi, più alte le tasse. La quota Irpef versata dai cremonesi nel 2023 è pari a 5.639 euro per contribuente, il che fa della provincia la 26esima in Italia per contributi.


Entrando nel merito, la Cgia offre il dettaglio delle tipologie di contribuenti del territorio cremonese, su cui è opportuno fare dei distinguo: tra chi paga l’Irpef sul territorio, il gruppo più folto è composto da lavoratori dipendenti (152.020), seguiti immediatamente dai pensionati (99.445). Meno nutrito, poi, il gruppo dei lavoratori autonomi (9.183), che conta 9.183 contribuenti in provincia. Completano il quadro cremonese i redditi da partecipazione (12.625). Totale: 269.987 unità complessive.


La situazione cremonese è analoga a quella delle altre provincie lombarde. Il territorio più ricco (e più tassato) è quello milanese, con 33.604 euro di reddito medio e 8.846 euro di contributi irpef. Cifre senza pari in Italia. Al secondo posto, la provincia di Monza e Brianza, con 29.455 euro di redditi dichiarati e 6.908 di tasse; segue a stretto giro Lecco (rispettivamente, 28.879 e 6.572 euro in media). Brescia è la ‘quasi gemella’ di Cremona: versa ogni anno 5.740 euro per contribuente, che ha in media un reddito dichiarato di 26.221 euro. In fondo alla graduatoria dei redditi più alti c’è la provincia di Sondrio, i cui contribuenti hanno dichiarato nel 2023 in media 24.224 euro ciascuno, leggermente al di sotto della media nazionale indicata dalla Cgia.


Esaminando, invece, le differenze tra le macroaree geografiche, emergono disparità più ampie. Come illustra la Cgia, «sia per quanto riguarda il livello di reddito che di tassazione, lo scostamento tra Nord e Sud del Paese è molto rilevante. Si pensi che tra le 107 province monitorate in questa analisi dalla Cgia, la prima area geografica del mezzogiorno per livello di prelievo Irpef e anche per quel che concerne il reddito complessivo medio è la Città Metropolitana di Cagliari che occupa rispettivamente il 25esimo e il 46esimo posto».

Inoltre, prosegue il report, «se stimiamo la percentuale di contribuenti sul totale regionale che dichiara un reddito complessivo inferiore a quello medio nazionale (pari nel 2023 a 24.830 euro), notiamo che le regioni del Mezzogiorno presentano dati molto preoccupanti». Se, infatti, a livello nazionale la percentuale di cittadini con redditi sotto la media italiana si attesta al 65,9%, tutte le regioni del Sud e delle Isole superano addirittura la quota del 70%, con un picco in negativo per quanto riguarda il caso della Calabria (dove il 77,7% dei contribuenti ha dichiarato redditi inferiori alla media italiana).


In ogni caso, se questo era il panorama dei redditi del 2023, le proiezioni sui due anni successivi sono caratterizzati da una crescita (anche se lieve) della pressione fiscale: come rileva la Cgia, richiamandosi al Documento di Economia e Finanza 2025, quest’anno la pressione fiscale stimata si attesta al 42,7%, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al dato del 2024.

Anche se, entrando al dettaglio, potrebbe trattarsi di una valutazione da contestualizzare alla luce di altri dettagli, come precisa il report: «Va ricordato — scrive la Cgia — che la Legge di Bilancio 2025 ha sostituito la decontribuzione a favore dei lavoratori dipendenti con una analoga misura che combina gli sconti Irpef con il ‘bonus’ a favore delle maestranze a basso reddito. Mentre la decontribuzione si traduceva in minori entrate fiscali-contributive, il ‘bonus’ (che vale circa 0,2 punti percentuali di Pil) viene contabilizzato come maggiore spesa e quindi va ad ‘appesantire’ la pressione fiscale».

Pertanto, prosegue il report, «se tenessimo conto di questo aspetto, nel 2025 la pressione fiscale sarebbe destinata a diminuire, sebbene di poco, attestandosi comunque al 42,5%». Ecco perché, al netto delle stime, la situazione non sarebbe allarmante: «Affermare che in questi ultimi anni sia aumentato il prelievo del fisco sul contribuente — chiarisce la Cgia — sarebbe fuorviante. L’incremento della pressione fiscale, infatti, non è ascrivibile tanto ad un aumento delle tasse, quanto piuttosto a una pluralità di novità legislative di natura economica introdotte a livello politico».

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