L'ANALISI
23 Maggio 2015 - 11:30
Lo Stradivari 1715 ‘Il Cremonese’ non ha più segreti e questo grazie alle ricerche condotte dal laboratorio di indagine diagnostica non invasiva dell’ateneo di Pavia e dal Musical Acoustic Lab del Politecnico, entrambi con sede all’interno del Museo del Violino. A passare lo strumento ai raggi X con tecniche non invasive sono i ricercatori del laboratorio pavese, diretto da Marco Malagodi, che hanno iniziato dallo Stradivari 1715 ‘Il Cremonese’, ma il cui obiettivo è analizzare tutti gli strumenti della collezione civica. «L’analisi dello strumento sotto i raggi X ci permesso di evidenziare gli interventi di restauro, la presenza delle vernici e le parti deteriorate dall’uso — spiega Malagodi —. Si tratta di uno strumento che è stato molto suonato, che ha subito continui interventi; le vernici di Stradivari hanno un colore ambrato e sono presenti nello strumento insieme ad altre componenti di epoche successive. Di materiale originale abbiamo in realtà ben poco. La radiografia permette di mettere in evidenza le zone usurate, evidenziare eventuali fessurazioni. Non solo, ma attraverso un software particolare, abbiamo realizzato uno spettro cromatico che permette di individuare le zone dove fare analisi».
Ma la ricerca sul 1715 ha portato anche all’elaborazione di una riproduzione esatta in 3 D che permette di studiare e analizzare lo strumento senza doverlo maneggiare. «Si tratta di informazioni utili alla conoscenza dello status degli strumenti, le medesime analisi interesseranno anche gli altri violini della collezione — prosegue Malagodi —. Questo permetterà di avere una collezione digitale dei grandi capolavori della liuteria cremonese a disposizione degli studiosi, ma anche dei liutai che dai modelli in 3D possono trarre incredibili informazioni sul modo di lavorare di Stradivari, di modellare il legno». L’indagine del laboratorio acustico musicale del Politecnico ha lavorato su timbro e radianza del 1715. «Abbiamo indagato le caratteristiche timbriche del Cremonese con la collaborazione del maestro Edoardo Zosi — spiega il responsabile tecnico del laboratorio Fabio Antonacci —. Stiamo cercando di elaborare una descrizione oggettiva del segnale acustico dello strumento, rilevazione timbrica che si interfaccia con la valutazione soggettiva offerta da liutai e musicisti, codificata in un alfabeto ontologico. Il suono del 1715 è caldo e pieno, la cosa curiosa è che le valutazioni uscite dall’analisi oggettiva coincidono con quelle registrare dagli esperti in un documento di valutazione per il suo acquisto nel 1961».
«Inoltre abbiamo registrato in camera anecoica la radianza dello strumento attraverso una serie di microfoni posti tutt’intorno al violino e a chi lo suonava — continua il ricercatore —. Ciò ha dimostrato una brillantezza del suono e una radianza del tutto particolare». Insomma lo Stradivari 1715 Il Cremonese non ha più segreti e si offre come un esempio da valutare e imitare per gli eredi del sommo liutaio.
Nicola Arrigoni
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