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L'INTERVISTA

Romanetti: «Il ‘mio’ Comunale, una casa per gli artisti»

L’auspicio del responsabile della stagione 2023-2024, in pensione dopo 30 anni: «Rimanga luogo deputato ai pensieri e alle azioni poetiche»

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

04 Gennaio 2024 - 15:04

Romanetti:  «Il ‘mio’ Comunale, una casa per gli artisti»

Giuseppe Romanetti

CASALMAGGIORE - La possibilità di ospitare l’anteprima di ‘Re Lear è morto a Mosca’ di e con César Brie, domani alle 21, è solo l’ultimo tassello di una buona prassi che in trent’anni ha fatto del Comunale di Casalmaggiore non solo un teatro di ospitalità, ma qualcosa di più: una casa per gli artisti, un luogo in cui vedere artisti che hanno e stanno dettando le linee del teatro contemporaneo. Giuseppe Romanetti – in pensione, ma ancora responsabile della stagione 2023/2024 – si fa un solo augurio: «Mi auguro che l’identità di questo teatro non si perda, in tre decenni abbiamo fatto, io, insieme al pubblico e agli amministratori che si sono fidati, del Comunale un luogo di osservazione delle tendenze del teatro, abbiamo portato a Casalmaggiore tutti, mi verrebbe da dire, proprio tutti gli artisti che stanno facendo la storia della scena contemporanea».

Una sensibilità nata come e da cosa?
«All’inizio i cartelloni erano un mix di buon teatro di tradizione con qualche affondo contemporaneo. Poi ho cercato di osare un poco, a volte spiazzando il pubblico e lasciando perplesso qualche amministratore, ma poi si sono affidati alle mie scelte e il Comunale è diventato un punto di riferimento per molti artisti».

Artisti che oggi sono affermati, ma spesso quando sono approdati al Comunale erano agli inizi.
«Penso ad Arturo Cirillo che qui ha fatto i suoi primi lavori, ma anche a Emma Dante con Vita mea fino allo spettacolo in cartellone quest’anno, che arriverà da noi dopo il debutto al Piccolo Teatro, proprio per i rapporti che negli anni ho tenuto con Emma. E poi Ascanio Celestini, ma anche Scimone e Sframeli che qui hanno presentato i loro due atti unici Nunzio e Bar, e ancora la Compagnia della Fortezza di Armando Punto che è stata al Comunale ben tre volte in anni in cui far girare il gruppo di carcerati non era così facile».

E mentre elenca gli artisti che hanno caratterizzato le stagioni, presente e passato recente della ricerca hanno convissuto.
«Remondi e Caporossi, Santagata e Morganti, Leo de Berardinis sono stati più volte al Comunale, rappresentanti di quel teatro d’arte e d’ ricerca che ha fatto scuola. Pian piano il pubblico ha capito che al Comunale si potevano vedere cose che nei teatri tradizionali non si vedono facilmente, almeno nelle piccole città. Le mie stagioni sono cresciute insieme alla voglia del mio pubblico di mettersi in gioco e io con lui. Oltre agli abitanti di Casalmaggiore sono molti coloro non casalaschi che negli anni hanno individuato nel Comunale un luogo dove si potevano e si possono vedere le ultime novità del teatro d’arte».

E quando parla di teatro d’arte, include lo spettacolo dal vivo tout cour?
«Proprio così, è sempre più difficile distinguere fra i generi, per quanto le categorie permangano. E così per la danza siamo stati fra i primi a ospitare Saburo Teshigawara, ma anche il debutto nazionale di Quoi qu’il en soit di Maguy Marin nella stagione 1999/2000, o ancora il debutto dell’Orfeo di Ismael Ivo nella stagione 2020/2021, solo per citare alcuni esempi».

Il Comunale ha ospitato poi maratone teatrali che hanno fatto la storia recente del teatro.
«Il Faust di Nekrosius, ma anche Studi su Medea di Antonio Latella e ancora la maratona di Francamente me ne infischio! sempre di Latella, di cui ho cercato di fare i lavori più interessanti e complessi. Tutto questo è stato possibile grazie al rapporto diretto con gli artisti, alle relazioni con le agenzie e alla consapevolezza che il teatro è casa degli artisti e il Comunale, nei limiti del possibile, è sempre stato aperto alle esigenze creative di chi fa spettacolo dal vivo».

E ora, dopo trent’anni cosa augura al Comunale?
«Mi dispiacerebbe che una simile tradizione e attenzione al nuovo venisse persa, che la sala che ha visto crescere molti artisti oggi universalmente riconosciuti: Massimiliano Civica, Tindaro Granata, Lisa Ferlazzo Natoli, Ubu come migliore regista e spettacolo, Enzo Vetrano e Stefano Randisi di cui l’anno scorso abbiamo proposto Aspettando Godot di Terzopoulos, non assolvesse più a questo suo compito: essere luogo deputato ai pensieri e alle azioni poetiche del teatro contemporaneo e d’arte».

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