L'ANALISI
LA STAGIONE DI PROSA
19 Dicembre 2023 - 09:42
Nel capolavoro di Schiller ‘Maria Stuarda’, lo scontro tra due regine, Elisabetta I d’Inghilterra e Maria Stuarda di Scozia interpretate da Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni
CREMONA - Una sfida all’ultimo respiro, una sfida tra due donne, due regine, l’una fascinosa e colta e che ha trascorso buona parte della sua vita in prigione. L’altra dura, inflessibile, che ha fatto di sé l’emblema dell’esser regina. Questi gli estremi di ‘Maria Stuarda’ di Schiller che questa sera e domani al Ponchielli (ore 20,30) porta in scena Davide Livermore affidando il ruolo delle due protagoniste a due attrici di razza, Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi. Lo spettacolo è quello che si dice uno spettacolone e offre una versione pop del dramma di Schiller, in cui la musica rock eseguita dal vivo da Giua - che fa il verso ai rocker degli inizi anni Ottanta - ben si sposa ai costumi di Dolce & Gabbana che rendono tutto più glamour e un poco kemp.
Si gioca a fare sul serio in questa Maria Stuarda, kolossal e un po’ musical che conferma come il regista di casa al teatro alla Scala abbia saputo trattare il testo di Schiller con la magnificenza e la voglia di osare che caratterizzano molte delle sue regie liriche. In questo gioco dell’oltrepassare il limite si legge la particolarità dell’allestimento. Ogni sera, infatti, una piuma angelica calata dall’alto decide quale delle attrici farà Elisabetta e quale Maria Stuarda. «Dopo un’ora e mezza di trucco e parrucco entriamo in scena insieme, entrambe con i capelli raccolti, con abiti neutri che ci rendono simili e aspettiamo che la piuma fatta cadere da un angelo indichi chi farà Elisabetta o Maria Stuarda», racconta Marinoni.
E questo che cosa implica?
«Dà all’allestimento una sua imprevedibilità che lo rende ogni volta nuovo, non solo per noi che siamo chiamate a essere ora l’una ora l’altra regina, ma anche per i nostri colleghi in scena, che si ritrovano a relazionarsi inevitabilmente con due diverse Maria Stuarda e due Elisabetta differenti», afferma Pozzi.
Un gioco crudele da parte di Livermore?
Laura Marinoni: «Quando Livermore ci ha proposto questo gioco sia per me sia per Elisabetta ha rappresentato una sorta di sfida. Il risultato di tutto questo è che non abbiamo mai un momento per rilassarci. Ogni giorno è importante rinnovare la memoria perché i due ruoli sono due ruoli da protagoniste e non sai quello che ti può capitare, ma soprattutto sono due ruoli importanti, ricchi di parole, sfumature, poesia. L’idea che ha mosso Livermore è stata comunque quella del destino che decide il futuro delle due regine. Maria Stuarda è già regina a cinque giorni dalla nascita, donna bellissima e coltissima. Ha tutti i crismi per regnare, ma la storia vorrà diversamente. Elisabetta I, figlia di Enrico VIII, è sovrana dura, che costruisce il suo ruolo, che si immola all’Inghilterra come una sorta di vergine laica».
Elisabetta Pozzi: «La necessità di far propri i due ruoli ti impone di vedere la complessità della vicenda e ti porta a specchiarti nell’altro personaggio, interpretato dalla tua collega. Lo spettacolo, per noi che stiamo in scena e, credo, anche per il pubblico, assume così una sorta di tensione che lo rende sempre vivo, dinamico, che chiede a tutti noi di metterci in gioco perché ogni sera Elisabetta o Maria Stuarda cambiano. Al secondo anno di tournée credo di aver cominciato a capire meglio, a trovare sfumature nel personaggio di Maria Stuarda che prima non avevo colto».
Quale dei due ruoli preferite?
Entrambe ridono e dopo una riflessione politicamente corretta che salva tutto si sbottonano: «Io mi ritrovo, meglio in Maria Stuarda. Recitare Maria Stuarda per me è più facile, più naturale, è un personaggio che chiede di lavorare in sottrazione – afferma Marinoni -. È una donna colta, che raccontavano essere bellissima, che ha vissuto buona parte della sua vita in prigionia, 19 anni di reclusione ed è morta a 47. Eppure nel confronto finale quando le due donne sono l’una davanti all’altra, paradossalmente è Maria a uscire vittoriosa davanti a Elisabetta, per quanto questa la condannerà e sarà destinata al regno. Quando invece interpreto Elisabetta I il peso della parrucca che indosso, rende fisico anche il fardello della responsabilità e del potere che la regina d’Inghilterra sente su di sé. Quando faccio Elisabetta alla fine mi rimane addosso un malumore che non se ne va per un’intera giornata, ho l’impressione di entrare in una dimensione di fatica che mi porto dietro anche dopo lo spettacolo. Anche per questo ho cercato di dare alla mia Elisabetta I delle sfumature ironiche, quasi a volermi togliere un po’ di quel peso».
Elisabetta Pozzi sorride e confessa: «Non perché si chiama come me, ma mi trovo a mio agio nel ruolo di Elisabetta I, mi piace come è scritta la parte, il pensiero e la costruzione che Schiller fa della regina, l’apparente potenza che si nasconde dietro un’austerità che vuole far tacere, forse, una fragilità che il ruolo non le concede. Ed infatti nel confronto che vede Elisabetta e Maria Stuarda l’una davanti all’altra, Elisabetta solo apparentemente è la vincitrice. In quella scena quando vesto i panni di Maria Stuarda, pian piano, ho trasformato le lacrime della resa, oggi quelle lacrime si sono trasformate in una sorta di tragica risata liberatrice. Se Elisabetta mi appartiene, per così dire, Maria Stuarda la sto scoprendo pian piano».
A tutto questo si unisce un allestimento molto dinamico con una parte musicale importante.
Laura Marinoni: «La musica dello spettacolo, costruita su partiture del ‘500, è nata a tavolino, lavorando con Mario Conte, compositore e sound designer, e Giua, cantautrice e chitarrista che ha un ruolo da protagonista quanto noi. La musica è drammaturgia a tutti gli effetti e Davide Livermore ha costruito un vero e proprio melologo in cui parole e note musicali sono un tutt’uno, nella loro autonomia».
Elisabetta Pozzi: «Dal doppio ruolo alternato che io e Laura dobbiamo affrontare, alle musiche eseguite dal vivo e composte per l’occasione, Maria Stuarda è uno spettacolo che non ti permette distrazioni, eppure sa essere un lavoro che ti dà energia e soddisfazione, la complessità della macchina scenica è tale che coinvolge tutto noi interpreti e gli spettatori. Davide Livermore è un regista che non ha paura di osare e che ha saputo trasformare il testo di Schiller in uno spettacolo avvincente, dal grande ritmo, senza tradire l’opera del drammaturgo tedesco. Il pubblico si diverte e noi con lui».
Maria Stuarda, spettacolo prodotto dal Centro Teatrale Bresciano, dallo Stabile di Genova e da quello di Torino, è uno di quegli allestimenti importanti, ricchi che è sa essere festoso e impegnativo al tempo stesso. Vedere per credere.
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris