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CREMONA. CITTA' DELLA MUSICA

Il «violino vegano» non convince gli eredi di Stradivari

Lo strumento realizzato con colle solo vegetali non dà garanzie

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

31 Gennaio 2022 - 05:15

Il «violino vegano» non convince gli eredi di Strad

Il liutaio Padraig O'Dubhlaoidh

CREMONA - Dopo il violino di seta, quello di ghiaccio e amenità varie della liuteria creativa del XXI secolo ci mancava solo il violino vegano. Eh sì perché nell’epoca delle tribù alimentari — come le chiama acutamente Marino Niola — il vuoto esistenziale riempito affannosamente con la manie del cibo finisce per contagiare ogni aspetto del nostro vivere quotidiano. E così anche l’antica arte di Stradivari deve fare i conti con l’idiosincrasia nei confronti di ingredienti di origine animale e con ciò che ne consegue. E allora da Worcester nel Regno Unito arriva solo l’ultima delle mille trovate che vorrebbero mettere in dubbio la tradizione del saper fare liutario, o meglio modificarne le regole nel segno di un rispetto animale, di un politically correct al limite del ridicolo.

«THE VEGAN SOCIETY».

Il maestro liutaio Padraig O’Dubhlaoidh ha lavorato col fine di sostituire le colle di pesce e di origine animali usate dai liutai con altre colle realizzate esclusivamente con materiali vegetali e in particolar modo con pere, bacche e acqua di sorgente. Questo violino realizzato con «ingredienti» senza derivazione animale è stato registrato con il marcio «The Vegan Society».

Dopo le merendine vegane e il cibo vegano in genere ora arriva anche il violino vegano e c’è da immaginare che Stradivari, Amati e Guarneri del Gesù facciano più di qualche balzo nei loro sacelli.

liutai

Stefano Conia, Giorgio Scolari e Shuichi Takahashi

Per capire quanto una cosa simile abbia se non un valore, per lo meno possa essere credibile si è mostrato il video che promuove il primo violino interamente green e certificato vegano ad alcuni liutai cremonesi, eredi di Stradivari. I due decani della liuteria cremonese Stefano Conia e Giorgio Scolari hanno guardato più volte il video e poi hanno espresso il loro parere, non proprio lusinghiero. Lo sguardo dice tutto o quasi. La prima osservazione riguarda proprio l’utilizzo delle colle con solo materiale vegetale: «Ma, tutte le volte che arrivano queste scoperte o invenzioni bisogna stare attenti e pensare come i violini di Stradivari, Amati e Guarneri continuino a suonare dopo secoli — commenta Stefano Conia —. Le colle animali, la colla di pesce che noi usiamo per unire le diverse parti di violino hanno una loro tenitura, ci sarà un motivo perché i nostri maestri hanno usato quelle e non colle di derivazione vegetale? Bisogna poi vedere quanto i nuovi collanti resistono. E poi mi pare che questo maestro liutaio stia intagliando una bella testa che sembra un semilavorato. Non si fa così, se si vuole rendere onore alla nostra arte».

E subito ribatte Giorgio Scolari: «Pino, ma hai sentito il suono di quel violino, se un musicista sente una cosa del genere inorridisce — afferma —. Avrà pure usato tutte le colle vegetali del caso, ma, come sempre più spesso mi capita di dire e osservare, ciò che noi costruiamo con passione e con dedizione ha una finalità: fare musica. Il valore di un violino si giudica dal suo suono e da quanto sento dal video non mi sembra un violino destinato a passare alla storia. Ne abbiamo visti tanti di fenomeni, di scopritori di nuovi e improbabili ingredienti per costruire strumenti ad arco, ma a noi, sinceramente basta attenerci alle regole della tradizione cremonese».

Il violino vegano non incontra il consenso dei decani dei mastri liutai che nella seconda metà del Novecento hanno contribuito alla rinascita dell’arte di Stradivari. E siccome la tradizione liutaria cremonese è una tradizione che guarda al mondo è parso interessante chiedere il parere a un maestro liutaio proveniente dal Sol levante Shuichi Takahashi che con il pragmatismo e la pacatezza tipica degli orientali afferma: «Bisogna capire se le colle con bacche, pere e acqua di sorgente poi tengono. Bisognerebbe passare fra qualche mese o anno e constatare la tenuta, se poi i pezzi si scollano è tutto da rifare. Un rischio che è bene non correre, soprattutto in questo periodo in cui le commesse sono quelle che sono. Io preferisco attenermi alla tradizione del saper fare liutario cremonese». 

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