L'ANALISI
27 Novembre 2025 - 20:33
CREMONA - Di professione poliziotto, investigatore della Squadra Mobile, si è infilato un grembiule, è salito sul furgoncino di Buonpalato, il negozio di gastronomia in via San Tomaso, si è finto fattorino incaricato di consegnare merce per 298 euro alla truffatrice.
Sempre lei, Francesca Pizzamiglio, 44 anni, casa a Vescovato, la ‘casalinga del delivery’ che nel 2020 - durante il lockdown - ha ingannato ristoratori e commercianti di mezza provincia. Cinque anni fa, cascata nella trappola del sostituito commissario della Squadra Mobile, Luca Mori, Pizzamiglio oggi è stata condannata a 1 anno e 4 mesi e a 1.000 euro di multa per la truffa del 27 novembre 2020 alla panetteria ‘Sole’ in corso Mazzini. E per quella tentata dell’1 dicembre successivo, al Buonpalato. Grazie, anche, all’alert lanciato sul gruppo WhatsApp dei commercianti. L’imputata era difesa dall’avvocato Alessandro Zontini. Mori ha spiegato com’è andata. La truffa alla panetteria.
Venerdì 27 novembre. Intorno alle dieci del mattino, in forneria squilla il telefono. La chiamata arriva dal numero 366.1888… Risponde la titolare. La voce è maschile. «Sono il signor Bodini, un vostro cliente abituale. Voglio fare un regalo a mia cugina, l’hanno appena dimessa dall’ospedale». La commerciante non riconosce la voce, quel cognome non le dice niente, non lo collega a un cliente. Ma va in fiducia. Bodini ordina focacce romane farcite, fagottino di mele, crostate, brioches, pizze, focaccine e del pane. Viene battuto lo scontrino: 90 euro. «Purtroppo, sono impossibilitato a portate il regalo a mia cugina, perché abita a Vescovato in via Bissolati 46. Potete consegnarla voi? Oggi passo a saldare il conto». Alle 14, la titolare carica ‘il regalo’ in auto e parte per Vescovato. Qui, non trova la via, telefona a Bodini, che le dà le coordinate. «Prosegua sulla strada principale, mia cugina l’attende più avanti, indossa un giubbino di colore marrone». In una laterale di via 25 Aprile si presenta una donna «sui 35-40 anni, corporatura molto robusta, 1 metro e 65/70 di altezza, capelli scuri ondulati e lunghi», la descriverà alla polizia la titolare che in sede di denuncia riconoscerà l’imputata.
La truffatrice piglia la merce. Verso le 19 la commessa riferisce alla titolare della forneria che il cliente Bodini non è passato a pagare. La commerciante lo chiama. Il telefono squilla a vuoto. Ci riprova la mattina dopo: idem.
Martedì 1 dicembre, il copione truffaldino va in scena a Buonpalato, con qualche variante. Verso le 11, il titolare riceve una telefonata dal numero 366.1888... Voce maschile. «Sono il suo cliente Guarneri. Voglio fare un regalo a mia nipote appena dimessa dall’ospedale. Può consegnare lei la merce a Vescovato? Passo oggi a pagare». Il cliente fa spesa per 290 euro. La lista è lunga: dal Grana ai salumi, dai tortelli di zucca ai prosecchi. Ma grazie all’alert rimbalzato sul gruppo WhatsApp dei negozianti, il titolare avvisa la polizia. E scatta la trappola. Il commerciante salta sul furgone aziendale. Gli è accanto Mori. Si punta su Vescovato per ‘tirare il pacco’ alla truffatrice. Il furgone è tallonato a vista dall’auto della polizia. Arrivo intorno a mezzogiorno. In via 25 Aprile si palesa l’imputata. L’investigatore la conosce. «In quel periodo — ha spiegato Mori —, noi e i carabinieri avevamo raccolto numerosissime denunce da commercianti vittime di truffe secondo ben precise modalità. Il modus operandi era sempre lo stesso. In banca dati, l’imputata aveva una quarantina di denunce». Nell’indagine dei carabinieri, 24 ingannati hanno poi ritirato la querela («non più interessati») al processo in cui Pizzamiglio si è presa 1 anno, 7 mesi per due truffe e per insolvenza fraudolenta.
Torniamo a Vescovato. Mori e colleghi perquisiscono la casa di via Bissolati: Pizzamiglio vi abitava con la compagna Debora. E con Giovanni, ex marito di Debora. Le telefonate ai commercianti, Pizzamiglio le ha fatte con il telefono intestato a Debora, ieri assolta (difensore Chiara Fredi). Assolto anche Giovanni. «Era al lavoro, non era lui al telefono», ha detto l’avvocato Stefania Giribaldi.
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