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SAN DANIELE PO. A DIECI ANNI DALLA TRAVE SPEZZATA

Ponte Verdi: «Il rischio di perderlo è stato reale»

«All’epoca il problema non apparve subito in tutta la sua gravità – ricorda l’attuale sindaco di Roccabianca Alessandro Gattara –, ma era chiaro che non si sarebbe risolto facilmente né rapidamente»

Antonella Bodini

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28 Novembre 2025 - 05:20

Ponte Verdi: ridotti i tempi di percorrenza

SAN DANIELE PO - A fine novembre di dieci anni arrivò la comunicazione che avrebbe segnato l’inizio di una lunga stagione di lavori e disagi: una trave spezzata nel tratto in golena del Ponte Verdi ha, di fatto, dato il via ad una serie infinita di interventi per la messa in sicurezza di un viadotto relativamente giovane. Ma soprattutto ha rappresentato l’inizio della viabilità a senso alternato regolato da un semaforo. Decisione presa allora dalla Provincia di Parma per consentire il transito solo sulla parte sicura dell’impalcato.

“All’epoca il problema non apparve subito in tutta la sua gravità – ricorda l’attuale sindaco di Roccabianca Alessandro Gattara – ma era chiaro che non si sarebbe risolto facilmente né rapidamente”.

Il ponte, costruito tra il 1978 e il 1980, mostrava già un avanzato stato di ammaloramento. “Anni di scarsa – o nulla – manutenzione ordinaria avevano portato quella struttura lunga 2,5 km tra la sponda cremonese e parmense del fiume Po a un livello di degrado critico dopo appena 35 anni dalla realizzazione. Il rischio di perderla per incuria era concreto”.

In un momento particolarmente complesso per le Province quella di Parma, con presidente Filippo Fritelli, decise di vendere alcune quote delle Fiere di Parma, ricavando 1 milione di euro. “A questa somma si aggiunse un ulteriore milione stanziato dalla Regione Emilia-Romagna tramite fondi statali della Protezione civile. Due milioni di euro complessivi per mantenere il Ponte Verdi transitabile, seppure con forti limitazioni. Andarono invece a vuoto i tentativi di coinvolgere la Regione Lombardia”.

I primi lavori partirono nell’autunno 2016 e fu subito evidente che le risorse disponibili non sarebbero bastate. A ottobre 2017 vennero assegnati ulteriori 6 milioni di euro, nell’ambito di un pacchetto più ampio da 35 milioni destinato ai ponti sul Po. Durante gli interventi – talvolta con il ponte chiuso, talvolta con restrizioni di portata, sempre con senso unico alternato e limite di velocità – non è stato semplice far rispettare le prescrizioni. In molti casi si è assistito a comportamenti imprudenti, con grave sottovalutazione del rischio da parte di chi transitava.

Nel maggio 2020 arrivò un nuovo annuncio: un decreto da 20 milioni di euro firmato dal ministro Paola De Micheli, ma preparato dal suo predecessore, il cremonese Danilo Toninelli. Si avviò anche una valutazione sull’ipotesi di un nuovo ponte almeno nel tratto in alveo, ma lo studio fu subito accantonato: l’opera sarebbe costata circa dieci volte di più.

Dopo oltre quattro anni, sono partiti finalmente anche i lavori più rilevanti, quelli attuali che prevedono anche interventi in alveo e direttamente in acqua. Una volta conclusi – secondo le previsioni nel 2026 – il ponte non sarà nuovo, ma avrà standard di sicurezza nettamente superiori rispetto a dieci anni fa.

“Guardando indietro, al di là delle polemiche e delle proteste durante le chiusure, oggi si può dire con certezza che nulla era scontato: il rischio di perdere il Ponte Verdi è stato reale. Ora quel rischio è alle spalle. Restano da completare gli ultimi delicati interventi, che permetteranno finalmente di rimuovere le limitazioni al transito. E nel frattempo molta acqua è passata sotto quelle campate, ricordandoci quanto sia stato lungo e complesso questo percorso. Serva almeno da lezione”.

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