L'ANALISI
05 Novembre 2025 - 20:55
CREMONA - Sono stati sentiti oggi in aula i due coniugi, costituitisi parte civile nel processo contro un cremonese di 73 anni che li aveva bersagliati con un commento omofobo sul loro profilo Facebook. «Il mio compagno mi aveva fatto una sorpresa con la proposta di unione civile e così lo avevamo annunciato sui social», ha raccontato Sergio Sormani.
Sotto quel post, accanto alle tante congratulazioni, erano comparsi anche commenti omofobi, alcuni particolarmente offensivi. «Abbiamo deciso di denunciare, di non lasciar correre, non tanto per il fatto personale quanto perché sappiamo quanto male queste uscite, con le quali combattiamo da ormai 34 anni, possono causare alle persone». E così erano partite le segnalazioni che hanno portato a identificare alcuni degli autori: tra loro c’è anche il 73enne cremonese, rappresentato in aula dalla legale Stefania Giribaldi. Le domande della difesa si sono concentrate sui rapporti tra i due e l’imputato. «Non lo conosciamo, fortunatamente». E a quel punto le parti si sono soffermate sulle procedure di identificazione del responsabile, per cui nella prossima udienza verranno sentiti gli inquirenti.
E quella del processo in corso è ormai una vera e propria corsa contro il tempo: rispetto ai fatti, risalenti al 2018, il fascicolo è arrivato nelle mani del giudice solo negli scorsi mesi e ora il reato va verso la prescrizione (che interverrà ad aprile 2026). «Speriamo che anche questa vicenda possa chiudersi presto e arrivare a un risultato – dichiara Giorgio Donders – Ma il ‘tour’ al quale ci siamo sottoposti in questi anni ci lascia tanta amarezza: i tempi si allungano sempre, pare non esserci la volontà di intervenire seriamente e, beffa nella beffa, per chi si costituisce parte civile si tratta di viaggiare su e giù per il Paese per testimoniare quel che è sotto gli occhi di tutti. Siamo stati a Crotone di recente e siamo dovuti tornare una seconda volta per disguidi degli avvocati».
La coppia è impegnata, oltre che nella battaglia legale, in una vera e propria opera di sensibilizzazione con il proprio spettacolo ‘Ecce (h)omo’: «A mancare è l’educazione al rispetto, mentre regna la disinformazione e la paura. È il caso di chi si oppone all’educazione sessuale a scuola: alcuni genitori temono che i propri figli possano essere ‘indottrinati’ ma l’omosessualità non è cosa che si insegni. Quel che invece c’è l’urgenza di insegnare è il rispetto dell’altro, senza ignorare temi trattati come tabù ma alla portata di ciascuno di noi con la rete: il numero impressionante di reati di violenza di genere, discriminazione e omofobia ne sono la prova».
Insieme alla coppia anche l’avvocato Luca Castelli del foro di Milano che lancia un messaggio: «A volte basterebbero le scuse e una riflessione da parte dei responsabili per evitare le vie legali». A Crotone, in un processo per gli stessi fatti, un uomo è stato condannato per commenti dello stesso tenore di quelli rievocati oggi in aula e ha concordato un risarcimento per la coppia: «L’aspetto pecuniario non è il nostro obiettivo, ma quel che abbiamo raccolto abbiamo scelto di donarlo a una casa famiglia che accoglie giovanissimi messi alla porta dai genitori per il fatto di essere omosessuali. Questo tipo di situazioni sono una piaga purtroppo ancora presente nell’Italia del 2025».
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