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IL PERSONAGGIO

Anima degli spumanti: un enologo da Oscar

Al cremonese Matteo Brunelli, 31 anni, ‘I tre Bicchieri’ del Gambero Rosso

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

03 Novembre 2025 - 05:10

Anima degli spumanti: un enologo da Oscar

CREMONA -  «Cremona ha una vocazione agricola ed è una eccellenza in vari settori. Non è considerata una provincia ‘vinicola’, ma in epoca romana qui si faceva il vino. In piazza del Comune, alzando lo sguardo sul Duomo, nei merletti sono raffigurate le scene della vendemmia. Io mi sento discendente dell’epoca romana». Matteo Brunelli si sente, è una battuta, «discendente di Plinio il Vecchio», l’enologo dell’antica Roma. Specializzato in spumanti, metodo classico («La soddisfazione più bella è che faccio spumanti»), responsabile di produzione presso una cantina sui Colli piacentini già a 26 anni, all’età di 31 Matteo vanta nel suo palmares il premio dei ‘Tre bicchieri’, il massimo riconoscimento assegnato dalla Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso. È al suo terzo ‘Oscar’ del vino: l’annata 2020 è stata premiata con la Guida 2024, l’annata 2021 con la Guida 2025, l’annata 2022 con la Guida 2026 che uscirà. La sua missione: «Mantenere il premio in eterno». Intanto, si gode «il riconoscimento mondiale: è la dimostrazione che l’eccellenza cremonese varca i confini locali, portando prestigio e qualità anche nel mondo del vino. Parlo non solo per me, ma per i miei colleghi cremonesi che portano l’eccellenza in giro per l’Italia e nel mondo: uno di loro lavora in Francia». I ‘Tre Bicchieri’ sono anche «un riconoscimento per Cremona», la città che gli ha dato i natali e alla quale «sono legatissimo: quando sono lontano, ho nostalgia».

sommelier

La passione per il vino gli è stata tramandata in famiglia. Matteo non ha conosciuto il nonno Giuseppe (per 20 anni fu sindaco di Pessina Cremonese). «Mi è stato raccontato che il vino lo faceva in casa con nonna Rina. E a Pessina abbiamo ancora la vasca». Gliel’ha tramandata papà Gianmario Brunelli, direttore del Dipartimento Cure Primarie dell’Ats Val Padana, ora in pensione.

L’esordio come sommelier. Cresciuto nel quartiere Po, a Cristo Re, diploma di terza media alla scuola Virgilio, maturità al liceo scientifico tecnologico (Itis), Matteo si era iscritto a Ingegneria al Politecnico di Piacenza, «ma dopo un anno ho capito che non era il mio, anche se ero portato per la matematica. Intanto, mi ero iscritto al corso da sommelier».

Abbandonata Ingegneria (lasciando un po’ di dispiacere in papà Gianmario e in mamma Ofelia, lei infermiera all’ospedale Maggiore), Matteo ha trovato lavoro in un ristorante di Cremona. «Nel frattempo, ho preso il diploma da sommelier, la passione è aumentata, mi sono iscritto a Enologia all’università Cattolica».

A quei tempi, il futuro enologo da premio studiava e faceva la gavetta in una cantina sociale in Trentino Alto Adige, nella Valle dei Laghi, valle su cui poi ha fatto la tesi di laurea. «L’esperienza in Trentino mi ha formato tanto, perché là sono maniacali, sono di una precisione che se vai a casa e non hai lavato la valvola, ti chiamano e tu fai mezz’ora di auto per ritornare».

gavetta

Dal Trentino Alto Adige, Matteo ha continuato la gavetta in una cantina dell’Oltrepò Pavese, portandosi, nel bagaglio, «la filosofia e la tecnica appresa nella Valle dei Laghi». Nell’Oltrepò pavese, è passato da cantiniere ad assistente enologo e analista in laboratorio. Poi è arrivata la laurea in Enologia. E il nuovo lavoro nella cantina sui Colli piacentini. «Qui mi hanno assecondato, ho portato le mie idee e la mia esperienza. Appassionato di microbiologia, ho sviluppato una tecnica: il controllo della seconda fermentazione in bottiglia con la conta e la visione delle cellule. Mi sono comprato un microscopio». Un premio, poi il bis, poi il tris.

Sveglia alle cinque del mattino, un’ora e mezza dopo è al lavoro, rientro a Cremona tra le sette e le otto di sera, salvo imprevisti. «È un lavoro molto impegnativo, solo chi lo fa, può capirlo». Il ‘discendente di Plinio il Vecchio’, un mix di passione e professionalità, la chiama «vocazione».

Matteo ha altre passioni. Norcino «amatoriale», si cimenta con «i cotechini e il salame».

Insegna arti marziali nella palestra Spettacolo. Nella sua vita ci sono l’alpinismo e il calcio. Non gioca a pallone. «Tifosissimo della Cremonese», va allo stadio con il padre e con il fratello Giuseppe, architetto a Dubai che quando giocano i grigiorossi salta sull’aereo. In casa Brunelli non c’è spazio per un’altra squadra. «Sin da ragazzini mio padre ci ha detto: si tiene solo alla Cremonese».

Lo spumante era nel suo destino. «Sarà un caso, ma il primo vino che mi ha fatto assaggiare papà era della cantina in Trentino Alto Adige dove poi sono andato a lavorare».

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