L'ANALISI
03 Novembre 2025 - 05:30
A sinistra Paola Cattenati
CREMONA - Pioniera dello sportello di ascolto a scuola – il suo “pallino” – i primi spazi di ascolto sono nati 25 anni fa negli istituti di Cremona e Brescia. Oggi, «la presenza è di circa 40 sportelli settimanali in continuità». In 25 anni, Paola Cattenati, responsabile Criaf — Centro riabilitazione infanzia adolescenza famiglia, ha intercettato 50mila adolescenti, analizzando l’evolversi dei disagi sempre più diffusi e delle richieste di aiuto, via via estese agli Sos delle famiglie e dei docenti.
Un inedito, dal quale è nata la ricerca “Cinquantamila volte in ascolto: come stanno i giovani?”. Roma chiama Cremona. Il Senato ha chiesto a Cattenati di illustrare il suo lavoro: l’audizione è in programma il 18 novembre prossimo a Palazzo Madama.

La mail di tre giorni fa. «Ero felicissima — commenta la referente Criaf —. Ho subito condiviso la soddisfazione con i miei collaboratori (una decina): una équipe multidisciplinare con varie professionalità». Una squadra che, nel tempo, si è estesa a professionisti esterni: dall’équipe di psicologi alla figura del neuropsichiatra infantile, dal mediatore familiare ai vari formatori. «Il nostro comparto studi e ricerca fa report molto analitici. Quante richieste, che tipo di richieste per le varie categorie. Avendo questo grande osservatorio e grande archivio di ricerca, abbiamo visto la linea del tempo, come sono cambiate le richieste. Ciò ha un valore fondamentale, perché il tipo di richieste ci dà uno spaccato del contesto sociale e dei cambiamenti», spiega Cattenati.

All’inizio, 25 anni fa, «si è dovuto lavorare sul riconoscimento e sulla promozione dello spazio di ascolto nella scuola, nella consapevolezza che già c’erano cambiamenti importanti ed era necessario integrare nella scuola gli aspetti di accoglienza emotiva, affettiva e relazionale che si affacciavano nel contesto sociale. Mi hanno attribuito una fase pionieristica. Oggi c’è molto dibattito, ci sono tutti progetti spot sul disagio del momento, mentre il mio obiettivo era la promozione di un’azione che mettesse a sistema questo spazio di ascolto nelle scuole. Perché è dalla scuola, intesa come crocevia delle relazioni, che bisogna partire. E, soprattutto, bisogna rispondere a diverse necessità, a diversi fruitori: la famiglia, i giovani e gli insegnanti. Questo abbiamo fatto».
Cattenati ha creato «un modello di lavoro», già riconosciuto «come buona prassi dall’Osservatorio bullismo e cyberbullismo sia ministeriale sia di Regione Lombardia e anche dall’Università di Torino, nel 2008-2009, nell’ambito di una ricerca europea sul tema della coesione sociale». Un lavoro di ascolto dei giovani, di orientamento per le famiglie «che spesso non sanno come muoversi» e, sempre più attuale, di «benessere del docente», perché «le classi sono molto competitive». Ascolto e strategie di cambiamento. E tempestività negli interventi («Siamo in Rete») nei casi di particolare allarme.
Se 25 anni fa, «le richieste erano molto concentrate sul comparto scuola: lo studente che non aveva voglia di andare a scuola o che non aveva voglia di studiare», nel suo lavoro di ricerca e di studio, Cattenati ha via via introdotto «nuove categorie» che fotografano lo spaccato di una «emergenza sociale». Così, dopo il caso di Torino — il ragazzino down messo alla berlina — «nel 2008 si è cominciato a parlare di bullismo: il fenomeno è diventato una realtà che ha dimostrato come gli aspetti relazionali nei ragazzi degli anni Duemila siano destinati ad assumere un ruolo sempre più preponderante». Nel 2010, «con la prima fotocamera negli smartphone, si è passati dal bullismo al cyberbullismo». Nel 2011, «c’è stato il primo social. Nel 2010-2011 abbiamo inserito la categoria emergenza: autolesionismo, tentativi di suicidio spesso correlati ai social. Abbiamo inserito la categoria ‘benessere-malessere personale’: oggi abbiamo una esplosione di ragazzini con ansia, attacchi di panico. Con il Covid, sono aumentati tutti gli aspetti correlati alla solitudine. Uno dei temi più importanti, oggi, è il tema delle relazioni». Relazioni per lo più «virtuali». Perché «gli adolescenti trascorrono 4-6 ore in rete: troppe». Dalla ricerca è emerso che il 67% ha assistito ad atti di cyberbullismo, il 24% li ha subiti. Anche nelle chat e nei gruppi di classe, un’altra emergenza. «Chi viene espulso dal gruppo, chi viene preso in giro». Tra gli obiettivi di Cattenati, «pioniera» degli sportelli di ascolto, «a scuola bisogna sì andare bene, ma si deve anche stare bene».
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