L'ANALISI
PIANETA ADOLESCENTI: LE SPIE DEL MALESSERE
06 Marzo 2025 - 05:20
CREMONA - Come stanno i giovani? È la domanda a cui il centro Centro Riabilitazione Infanzia Adolescenza Famiglia, diretto da Paola Cattenati, ha cercato di rispondere con una ricerca che ha coinvolto 6mila studenti (cremonesi e bresciani), attraverso sportelli psicopedagogici, momenti di ascolto, focus group, questionari e sondaggi appositamente costruiti. Tutto restituito, presentato e illustrato all’interno di ‘Sguardi’, una serie di incontri finalizzati a far sintesi delle esperienze e dei dati raccolti durante l’attività nelle scuole. «Hanno partecipato oltre 300 docenti, a significare, almeno credo, quanto sia importante capire come stanno i nostri ragazzi» spiega Cattenati.
L’emergenza educativa è sotto gli occhi di tutti: si specchia nella distanza di linguaggi e di sensibilità fra i ragazzi e gli adulti. Una distanza che in realtà è sempre esistita, ma che oggi rischia di essere incolmabile perché a cambiare sono i linguaggi e non solo il punto di vista generazionale.
Così la fotografia che ne esce è a dir poco preoccupante: «Chiama in causa soprattutto le difficoltà relazionali per il 60% del campione analizzato. Il 24% dichiara di vivere stati d’ansia e di malessere, mentre il 14% del campione di avere difficoltà in ambito scolastico — continua la direttrice del Criaf —. Il ritiro e la dispersione scolastica, lo stress da prestazione e l’Hikikomori sono le condizioni di crisi denunciate dagli adolescenti».
Tra i fenomeni che emergono dai dati c’è un crescente aumento dei casi di bullismo e cyberbullismo: «Il 67% degli studenti coinvolti ha assistito a episodi di bullismo e cyberbullismo almeno una volta e il 26,5% dichiara di essere stato vittima di cyberbullismo almeno una volta».
Le azioni di bullismo si svolgono per il 27% nel contesto scolastico e per il 31% sulla chat di classe. Il 24% dei casi coinvolge i social e solo il 18% accade fuori da scuola.
Le difficoltà relazionali e lo stato di disagio denunciato dai ragazzi ha un’origine legata spesso all’iperconnessione, che si traduce in crescente solitudine.
«La maggior parte dei ragazzi ascoltati ha difficoltà ad incontrare amici in presenza (26%), lamentando un vissuto di solitudine ed esclusione, a fronte di un sempre più massiccio utilizzo dei social media come ‘piazza virtuale di incontro — si legge nella sintesi della ricerca —. Inoltre, il 30% dei ragazzi tra i 10 e i 21 anni dichiara di non fare nessuna attività insieme ai genitori a causa delle distrazioni digitali».
Il malessere della sfera personale riguarda il 24% dei ragazzi intercettati dal Criaf. E i dati, raccolti dall’equipe Criaf, sono concordi con i risultati delle ricerche nazionali nel sottolineare un aumento di problematiche quali ansia e depressione, disturbi alimentari ed uso di sostanze. Con una crescita di fenomeni emergenziali quali autolesionismo e i suicidi e l’emergere di ‘nuove dipendenze’. In questo contesto, il ruolo della tecnologia è determinante. Il 40% del campione passa dalle 4 alle 6 ore al giorno online — si legge nel report —: il 48% dei maschi in attività di videogiochi e il 48% delle femmine in attività di social network. Inoltre, per il 61,4% dei ragazzi del campione i loro genitori non impongono limiti di tempo su Internet.
Conseguenze inevitabili: isolamento e scarsa frequentazione diretta dei coetanei. E così, pian piano, si finisce con il disimparare a gestire le relazioni in presenza, a intercettare i segnali non verbali ed emotivi che compongono la geografia delle relazioni interpersonali e di gruppo. La fotografia del disagio giovanile restituisce una generazione che appare fragile, ma anche estremamente consapevole delle proprie debolezze e disposta a porvi rimedio. Da qui le richieste precise e insistite che arrivano dai ragazzi e che il mondo degli adulti, evidentemente, fatica a soddisfare, «preso dai ritmi di lavoro e da un narcisismo gratificante». I ragazzi chiedono maggiore comprensione e ascolto, domandano di essere presi in considerazione, di essere consapevoli dei rischi e di saper intervenire in caso di necessità, di poter avere maggiore fiducia nella realtà in cui vivono. Non si possono più ignorare le loro richieste: i segnali ce li stanno dando, ne va del futuro di tutti.
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