L'ANALISI
27 Ottobre 2025 - 18:30
CREMONA - Quella di vaccinarsi è ancora un’abitudine da consolidare, a Cremona come in tutto il Paese. Secondo lo studio realizzato dal polo di Cremona dell’Università Cattolica, negli ultimi dodici mesi ad aver seguito le raccomandazioni è stato solamente il 38% degli italiani. I dati elaborati dal monitor continuativo di EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Engagement Research Center dimostrano che ad essere più aderenti sono gli uomini (42%), mentre le donne si fermano al 33%. Altro elemento che emerge dallo studio è che la propensione a vaccinarsi cresce con l’età (solo il 28% tra i 35–54enni, ma già il 48% degli over 55).
Segno che i vaccini sono ancora un tema che divide. «È come sempre una questione di fiducia», commenta la professoressa Guendalina Graffigna, direttrice del Centro di Ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica e responsabile scientifico dell’indagine. In effetti, chi ripone un’alta fiducia nelle istituzioni sanitarie e nella ricerca scientifica tende a vaccinarsi (rispettivamente 50% e 42%). Sotto la media invece i due casi contrari (34% e 24%). Inoltre, circa 7 italiani su 10 (69%) dichiarano di sentirsi fiduciosi nella loro sicurezza, mentre a sollevare più dubbi è l’efficacia (61%). La presenza di una quota importante di risposte intermedie indica inoltre che una parte della popolazione mantiene un atteggiamento «prudente». «Guardando il trend della fiducia nei vaccini da parte degli italiani negli ultimi 5 anni — prosegue la professoressa Graffigna —, la percentuale si mantiene sostanzialmente stabile, con variazioni limitate. La quota di chi ritiene i vaccini efficaci oscilla tra il 67% (dicembre 2020) e il 73% (novembre 2024), confermando un consenso ampio ma non crescente. La fiducia nella sicurezza invece resta più bassa e lineare, tra il 56% (dicembre 2020) e il 61% (ottobre 2025), segno di una percezione più cauta e resistente al cambiamento. Il picco di fine 2024, probabilmente legato a un momento di rinnovata attenzione pubblica o a campagne informative mirate, non ha avuto effetti duraturi».
Dall’indagine emerge, inoltre, che i più giovani (18-34 anni) sono più fiduciosi nell’efficacia dei vaccini: tasso di fiducia (82%), poco superiore rispetto al dato dei laureati (77%). Al contrario, la fascia centrale d’età (35-54 anni) e i meno istruiti risultano essere i più diffidenti (rispettivamente il 63% e il 47%). Analogamente, la fiducia cresce tra chi crede nelle istituzioni (82%) e nella ricerca scientifica (81%), ma cala sensibilmente tra i soggetti che ne diffidano (66% per le istituzioni e 31% per la ricerca). L’efficacia percepita dei vaccini sembra quindi dipendere fortemente dal capitale di fiducia generale nel sistema scientifico e istituzionale più che da esperienze dirette o informazioni specifiche sui vaccini stessi.
Per quanto riguarda invece la fiducia nella sicurezza dei vaccini le differenze per sottogruppo sono più marcate. I giovani italiani adulti (18-34 anni) si distinguono per livelli di fiducia superiori alla media (73%), mentre la fascia centrale (35-54 anni) è più scettica (53%). Anche il titolo di studio incide in maniera considerevole: i laureati mostrano maggiore fiducia (68%) rispetto a chi ha un livello d’istruzione più basso (47%).
Coerentemente con quanto osservato sul comportamento vaccinale, la fiducia nella sicurezza dei vaccini cresce fortemente tra chi ha già fiducia nelle istituzioni (78%) e nella ricerca scientifica (73%), mentre crolla tra chi ne è diffidente (56% e 23%).
«Come rafforzare e far crescere ulteriormente la fiducia nell’efficacia e nella sicurezza dei vaccini resta un punto aperto che necessita di un impegno continuativo sul fronte della comunicazione pubblica e scientifica, della trasparenza delle informazioni e del coinvolgimento attivo della cittadinanza nei processi decisionali. Un impegno che il nostro Centro di ricerca porta avanti con costanza da anni attraverso la promozione del dialogo tra scienza e società», conclude Graffigna.
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