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CREMONA. CARCERE

Padula lascia, nuova sfida a Milano

Salto di carriera per l’ex direttrice: ora guida un ufficio del Provveditorato regionale

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

14 Ottobre 2025 - 19:41

Padula lascia, nuova sfida a Milano

Padula e l’ingresso del Dap della Lombardia a Milano

CREMONA - Da Cremona a Milano. Dalla direzione del carcere di Cà del Ferro alla dirigenza di uno degli uffici del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria.

Salto di carriera per Rossella Padula, dal 2 ottobre scorso al lavoro nel suo nuovo ufficio in via Pietro Azario, non lontano da San Vittore, istituto di pena che lei non ha mai diretto, ma molti detenuti che da San Vittore vengono trasferiti nella casa circondariale di Cremona, li ha conosciuti.

Padula ha cominciato la sua carriera l’8 settembre 1997: Alessandria, poi Cremona come vice, quindi Bergamo, Como, Mantova e, di nuovo, a Cremona come direttore dal 2019 ad oggi, alla scadenza dei sette anni.

Il lavoro di direttore penitenziario è di enorme valore sociale, umano e professionale. Il direttore è allo stesso tempo un garante delle leggi internazionali e interne, è colui che deve assicurare il rispetto della sicurezza e il buon andamento delle prospettive di risocializzazione, è una sorta di sindaco di quella piccola cittadina che è la comunità penitenziaria e che spesso si trova ad affrontare tutti i problemi di una cittadina. Un lavoro che richiede fatica, entusiasmo, gratificazione. In una intervista rilasciata a Riflessimagazine, Padula aveva spiegato la missione di chi dirige un istituto di pena: «La legge dice che il carcere accoglie chi ha commesso un reato. A prescindere dalla tipologia, ciò che conta è capire le motivazioni alla base del gesto compiuto. Il nostro è anche un lavoro di emozioni: è importante imparare a leggere le persone, comprendere il loro vissuto, per accompagnarle verso una revisione critica di ciò che è accaduto. La trasgressione implica una sanzione, che ha comunque una finalità educativa: il punto è portare la persona ad agire in un modo diverso. Chi entra in carcere porta con sé dei nodi, che vanno riconosciuti e sciolti. Per farlo, servono rigore e umanità». Per lei, «conciliare questi due aspetti è una cosa naturale: significa fare attenzione alla persona, averne cura, partendo dall’ascolto. È difficile arrivare dentro di loro, molti sono impermeabili anche ai tentativi di aiuto».

Nei suoi quasi sette anni al vertice di Cà del Ferro, ci sono stati i momenti no (accade a tutti i direttori delle carceri italiane). Sono le «criticità». Bisogna fare i conti con il sovraffollamento, con la carenza di personale (poliziotti penitenziari e amministrativi), con i detenuti psichiatrici, con quelli che commettono atti di autolesionismo o reati all’interno della struttura. Con quelli che si ribellano. Con le rivolte: in piena pandemia da Covid-19 era esplosa anche qui.

Ma in un luogo di pena dove il faro costituzionale è la rieducazione del condannato e il suo reinserimento nella società, durante la sua direzione, Padula ha a messo in campo attività, progetti e laboratori per i detenuti (teatro, arteterapia). Soprattutto, ha portato il mondo esterno dentro il carcere. Lo ha fatto con le scuole, con lo sport, con la musica: dalla mini rassegna del festival #Monteverdidappertutto, al concerto di un trio d’archi d’eccezione formato dal violoncellista cremonese Marco Mauro Moruzzi e dalle violiniste Gabrielle Shek, di origini cino-giapponesi e nata a Los Angeles, e Lucrezia Costanzo.

Nel suo delicato impegno, l’ex direttrice Padula ha avuto al suo fianco istituzioni e associazioni di volontariato. Nel congedarsi da Cremona, ha ringraziato tutti. Ora, la nuova sfida a Milano.

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