L'ANALISI
04 Novembre 2024 - 05:20
CREMONA - Il sabato sera davanti al pubblico incantato del Museo del Violino. Il mattino dopo tra i detenuti meravigliati di Ca' del Ferro. Con la stessa passione, la stessa maestria, la stessa voglia di regalare bellezza.
«Quello nella casa circondariale è stato un momento emozionante per noi che crediamo nel valore sociale della musica. Speriamo di ripetere questa esperienza in altri luoghi come le scuole, le case di riposo e gli ospedali».
Protagonista di questa domenica speciale dietro le sbarre un trio d’archi d’eccezione formato dal violoncellista cremonese Marco Mauro Moruzzi (nella foto qui sotto) e dalle violiniste Gabrielle Shek, di origini cino-giapponesi e nata a Los Angeles, e Lucrezia Costanzo, catanese. Fanno parte di Agon Ensemble, che riunisce talentuosi artisti sparsi in giro per l’Europa proponendo ed esplorando sia il repertorio classico sia quello contemporaneo.
Marco Mauro Moruzzi, 24 anni, laureatosi da poco presso la prestigiosa Università Mozarteum di Salisburgo, dove lavora con l’Orchestra Mozarteum e dove abita, è fratello di Martino, clarinettista, 27 anni, trasferitosi a Stoccolma, orchestrale presso l’Opera Reale Svedese. Sono figli di Mauro, grande clarinettista anch’egli, che ha perso la vita in un incidente stradale il 21 settembre 1999.
«Martino ci teneva a mettere insieme un gruppo — spiega il secondogenito — che suonasse non solo nei teatri o ai festival ma anche per le categorie della popolazione più fragili».
È così nata l’idea del concerto in carcere. Il giovane violoncellista racconta minuto per minuto quella giornata particolare, cominciata con un selfie all’ingresso di Ca’ del Ferro. Sono stati ricevuti dalla direttrice, Rossella Padula, con la responsabile dell’area educativa, Lucia Monti, e il personale di polizia penitenziaria.
«Ci hanno accompagnato nel teatro interno: davanti a noi una cinquantina di detenuti. C’era il palco, abbiamo però deciso di non salirvi sopra ma di stare di fronte a quelle persone, alla stessa altezza, allo stesso livello, per eliminare la distanza, per significare che noi non eravamo i buoni e loro i colpevoli».
L’esibizione si è aperta con un brano (Largo dalla sonata per trio op. 4 n. 3) di Arcangelo Corelli, presentato, come il resto del programma, dalle parole di Marco Mauro.
«Ho cercato in qualche modo di lanciare qua e là dei messaggi. Quello di Corelli è un motivo pacifico, disteso. L’ho collegato al fatto che a volte la vita ci mette alla prova con scelte difficili ma alla fine, anche se può sembrare incredibile, essa si basa su cose semplici».
È poi toccato a Bach (Largo dalla sonata per organo BWV 529, Allegro ma non troppo dalla sonata per trio BWV 1039, Largo dal concerto per due violini).
«Ho sottolineato l’architettura, le regole, l’ordine di quelle note. Ho anche detto che la collaborazione tra musicisti si fonda sul rispetto reciproco. Un valore, il rispetto, universale».
Dopo i classici, le colonne sonore scritte da Ennio Morricone per Mission e Nuovo cinema paradiso.
«Abbiamo spezzato un po’ lo spettacolo con qualcosa di più vicino al linguaggio dei giorni nostri. Riprendendo la scena in cui viene eseguito il brano Gabriel’s Oboe, ho parlato della musica come forma espressiva capace di toccare i sentimenti e avvicinare tra loro persone che non potrebbero connettersi in altra maniera. Come avviene nell’incontro con un indigeno rappresentato nel film». Infine, Antonio Vivaldi (Sonata per Trio la Follia).
«Ho preso lo spunto per soffermarmi sulla genialità dell’uomo, che avendo stima di se stesso può creare capolavori, e sull’importanza del contributo del singolo allo sviluppo dell’intera comunità».
È andato in scena un vero dialogo inframmezzato dagli applausi scroscianti degli spettatori. «Ci hanno chiesto chiarimenti su questa o quella composizione e sulla storia dell’autore. Uno di loro ha confidato che, ascoltandoci, si era ricordato di quando aveva regalato un violino alla figlia; qualcuno si è mostrato interessato ai risvolti tecnici del nostro lavoro. Gli occhi erano tutti per noi, al cento per cento. Mi ha colpito la sensibilità di quei ragazzi, mossi, toccati dalla musica».
Dopo un’ora trascorsa insieme, ringraziamenti e complimenti.
«I tre concertisti sono stati di una bravura incredibile, non solo nella loro arte ma anche nel modo di rapportarsi con i detenuti, che sono stati catturati da loro dimenticando per qualche istante le proprie preoccupazioni. Tanto che uno di essi ha proposto di organizzare un momento del genere una volta al mese. Anch’io ho apprezzato molto l’esibizione», commenta la direttrice Padula.
«È stata un’esperienza unica, emozionante — riprende il violoncellista cremonese —. È giusto che il diritto di ognuno alla bellezza venga preservato. Siamo inclini a questa idea, il nostro Ensemble vuole prestare la sua voce al valore sociale della musica».
Una voce, quella dei fratelli Moruzzi e dei loro colleghi, che non è isolata. «Basti pensare a Claudio Abbado: ha collaborato alla fondazione in Venezuela di un sistema musicale grazie al quale i ragazzi che prima si ritrovavano in mano una pistola o un quantitativo di droga, ora hanno un violino o un altro strumento. Un sistema sfociato nella creazione di orchestre bellissime».
Terminato il concerto, Marco Mauro è ripartito per Salisburgo con una speranza: «Aver dato il nostro piccolo contributo, offrendo una giornata rilassante e diversa, al cammino di quegli uomini verso la riabilitazione».
Ma il progetto di Agon Ensemble non si è concluso. Al contrario. «La nostra intenzione è espanderlo suonando, oltre che per i bambini delle scuole, anche nelle case di riposo e negli ospedali: per i malati e gli anziani la musica può essere un ristoro, una medicina gratuita per l’anima».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris