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CREMONA. NELLE AULE DI GIUSTIZIA

«Mi devi 1.500 euro». L’ex capo «minacciato»

Albanese (in cella) accusato di tentata estorsione. L’imprenditore: «Avevo paura». L'avvocato Borelli della difesa: «Erano in rapporti, vantava un credito e litigavano»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

07 Ottobre 2025 - 19:46

«Mi devi 1.500 euro». L’ex capo «minacciato»

CREMONA - Imprenditore a capo di una cooperativa, la passione per la politica, a fine ottobre del 2022 ha assunto un albanese con un contratto in prova. Ma la ‘prova’ è naufragata: a fine dicembre non gliel’ha rinnovato. E da lì, secondo l’accusa, l’ex datore di lavoro sarebbe finito in un vortice: dai tentativi dell’albanese di estorcergli 1.500 euro alle minacce di morte se non avesse ritirato le querele che, mano a mano, lui correva a presentare, una volta per la testata presa contro il naso (contusione del setto), un’altra per il pugno all’addometrauma epigastrico: 5 giorni di prognosi»). E ancora: gli «agguati in auto», gli «atti persecutori», «gli ultimatum per i soldi», da gennaio del 2023 ad agosto del 2024.

L’albanese pretendeva di essere pagato. «Mi devi 1.500 euro». L’imprenditore: «Te li do, ma prima mi restituisci gli attrezzi che mi hai preso». Attrezzi costosi, uno sui 4mila euro. Non solo. «Parte degli attrezzi, li aveva venduti».

Oggi. In aula c’è la presunta vittima, 34 anni, parte civile con l’avvocato Gianluca Pasquali. Al banco degli imputati, accanto ai suoi legali, gli avvocati Ilaria Ceriali e Giuseppe Borelli, c’è l’albanese, 40 anni. Da agosto del 2024 è in carcere. L’udienza si chiude con la richiesta della difesa di modificare la misura: dalla cella ai domiciliari. Il Tribunale si riserva. Si era aperta alle 9 con i testi del pm Federica Cerio. A cominciare dall’imprenditore, che nella sua lunga narrazione (più di un’ora) ripercorre i numerosi episodi riassunti nelle tre pagine di capo di imputazione (tentata estorsione, atti persecutori e lesioni).

Le minacce: «Vedi di ridarmi i soldi, altrimenti ti ammazzo», «mi devi ridare i soldi altrimenti ti sistemo io, so sempre dove prenderti», «hai tempo dieci giorni per ritirare la denuncia che hai fatto, inoltre mi devi ridare i soldi, altrimenti ti mando i miei amici a casa mentre dormi... non ne esci vivo», «io ti ammazzo anche se vai a fare una denuncia e mi dovessero arrestare ti perseguiterò tutta la vita». Minacce e «violenza fisica». E, poi, lo stalking: l’albanese è accusato di aver pedinato in auto l’ex datore di lavoro, di essersi recato nei luoghi che frequentava «per intimorirlo, avanzando le sue pretese creditorie e ottenere la rinuncia alla tutela dei propri diritti». L’albanese si sarebbe introdotto «improvvisamente, in numerose occasioni e contro il volere dell’imprenditore, all’interno della sua auto con il proposito di minacciarlo di morte».

Nella testimonianza della parte civile, si torna sempre al punto di partenza: quei 1.500 euro. «Ogni due per tre, gli davo degli anticipi, perché non volevo avere problemi, ma lui ha continuato a chiedermi i 1.500 euro. Gli ho dato acconti sui 400-600 euro, a spanne», più «300 euro che mi ha prelevato dal cassettino dell’auto quel giorno che mi ha costretto a fare un giro nelle campagne».

«Aveva paura per la propria incolumità?» rilancia la pm. «Assolutamente sì. Sono andato anche da uno psicologo, ho cambiato le zone, non giravo più a Cremona, ho fatto due settimane in casa, soprattutto nell’ultimo periodo. Sì, avevo paura e, infatti, non sono uscito». L’imprenditore «era devastato, stanco, in continua apprensione, era impaurito, era molto giù, un’ansia costante», riferisce una testimone. Conosce bene l’imprenditore: «Non voglio essere la sua seconda mamma, ma ci sentivamo spesso, mi informava sul momento (dei fatti, ndr)». E conosce bene l’albanese: in passato si era messo con sua figlia: «Lo conosco, perché l’ho avuto in casa, purtroppo. Conosco il suo comportamento, lui la metteva sempre giù in maniera tranquilla, ma è ovvio che sotto, perché lo conosco. Dal 2024 gli stava sotto più spesso (all’imprenditore, ndr)». «Da quando è stato arrestato, vedo mio figlio più tranquillo», dice la madre. Racconta di quel giorno (22 maggio del 2024) in cui «sono venuti sotto casa, chiedevano soldi in continuazione, ho percepito un pericolo, ho chiamato i carabinieri».

L’avvocato Ceriali incalza l’imprenditore: «Da ottobre a fine dicembre del 2022, lei ha mai predisposto uno stipendio? Come pagava il nostro assistito?». «Mensilmente, gli corrispondevo i soldi, sì, gli facevo la busta paga, certo volte gli facevo i bonifici, altre gli davo i contanti. Sì, mancavano i 1.500 euro».
«Il nostro assistito — commenta l’avvocato Borelli — vantava un credito, cercava di recuperare i soldi. Tutto nasce da lì. Un minimo di rapporto c’era. Uno non salta sull’auto (dell’ex datore) con le portiere aperte. Quando si andava sull’argomento, litigavano». Il 4 novembre l’albanese racconterà la sua verità.

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