L'ANALISI
CREMONA. NELLE AULE DI GIUSTIZIA
06 Ottobre 2025 - 20:28
CREMONA - «Non so», «non ricordo», «sono passati troppi anni». Frasi ascoltate più e più volte dai testimoni del pm sentiti l’11 luglio scorso. E ancora oggi, da altri tre testi nel processo che vede quattro ex buttafuori del Juliette96 — precedente gestione — accusati di aver pestato, la notte del 7 dicembre 2019, un cliente ubriaco, finito in ospedale con un trauma cranico, il naso fracassato e la frattura dell’omero: 30 giorni di malattia.
L’ex gestore del locale è invece accusato di aver eluso le investigazioni dei carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile, mettendo a disposizione di chi stava lavorando alle indagini una chiavetta Usb contenente file video manipolati e i video ripresi dalla sola telecamera n. 13, omettendo di fornire immagini di un’altra telecamera funzionante nel locale, provocando una negativa alterazione del contesto fattuale all’interno del quale le investigazioni stesse e le ricerche si sarebbero potute svolgere.
Nel locale c’erano 16 telecamere in tutto. Come ha spiegato oggi il tecnico della società che le aveva installate, a dicembre di cinque anni fa «sono stato contattato dal gestore. Mi ha chiesto come fare per recuperare le immagini» e al telefono gli ha indicato le operazioni da fare, confermando che «i file possono essere trasferiti sulla chiavetta» e che «uno o più file li puoi eliminare».
La notte del 7 dicembre, al termine di una cena aziendale. Antonio, 37 anni, milanese di origine, magazziniere in un’impresa del Cremonese, litigò con la sua fidanzata per «gelosia». Aveva bevuto parecchio. Secondo gli avvocati Gian Andrea Balzarini e Massimo Nicoli, difensori dei buttafuori, il cliente fu portato all’esterno perché «ubriaco», perché era fuori di sé «e aveva una bottiglia in mano».
Antonio è parte civile con l’avvocato Raffaella Buondonno.
Prima del tecnico, oggi il pm ha sentito tre testimoni (sono amici) quella sera al Juliette. La prima: «Se ho visto una persona portare via? No. Se ho visto un ragazzo in difficoltà? No». Buio. Cinque anni fa, sentita dai carabinieri, dichiarò di aver «visto un ragazzo con la camicia bianca sporca di sangue». Lo descrisse. E descrisse uno dei buttafuori: «Sui 40 anni, capelli neri legati con il codino, carnagione chiara». Oggi: «Sinceramente, io non mi ricordo neanche di aver detto queste cose ai carabinieri, se ho detto così confermo».
Dopo la ragazza, un amico: «Se ho visto un uomo in difficoltà? No. Se ho assistito a un litigio tra un ragazzo e un addetto alla sicurezza? No. Sono passati tanti anni». Il pm gli ha rinfrescato i ricordi, contestandogli le dichiarazioni rese ai carabinieri nei giorni successivi ai fatti. E lui: «Le ripeto che sono passati troppi anni. Mi affido alle parole che avevo detto allora. L’unica cosa che mi ricordo di quella serata è che sono andato via, perché le ragazze erano spaventate».
La terza: «Non ricordo bene, mi ricordo che un ragazzo usciva sorretto dai buttafuori». All’epoca, ai carabinieri dichiarò: «Mentre uscivo, ho sentito un trambusto, mi sono spaventata, mi sono girata e ho visto quel ragazzo che stavano portando fuori. Ricordo che indossava la camicia bianca, che era robusto e pelato». Oggi: «Non so perché i buttafuori lo avessero portato fuori». Buio. E rinvio al 14 novembre.
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