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UCRAINA. LA MISSIONE

«Una speranza a trenta chilometri dal fronte»

I volontari italiani al Kharkiv: visite alle chiese, al cimitero militare e in Filarmonica

Francesco Gottardi

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fgottardi@cremonaonline.it

04 Ottobre 2025 - 18:46

«Una speranza a trenta chilometri dal fronte»

CREMONA - «Mi aspettano 16 ore di treno da Kiev al confine polacco, poi 3 ore di bus per raggiungere Cracovia». Al telefono, con voce stanca ma determinata, Gian Pietro Seghezzi racconta l’ultima tappa del viaggio in Ucraina per il Giubileo della speranza: a Kharkiv insieme a 110 volontari italiani, del Movimento europeo di azione non violenta (Mean), arrivati nel Paese per portare vicinanza alla popolazione martoriata da oltre due anni di conflitto. Una realtà più drammaticamente sentita nella città «a 30 chilometri dal fronte» rispetto che nella capitale.

«Siamo arrivati alle 21 di lunedì e le persone in strada erano pochissime, nonostante il coprifuoco inizi alle 23. In generale le persone escono molto meno, i negozi sono chiusi e i segni della guerra (come pannelli di compensato alle finestre ed edifici colpiti dai droni) sono più evidenti. Qui la guerra è letteralmente alle porte».

A ricordarlo quotidianamente ci sono gli sfollati: «Kharkiv è una città che ancor oggi conta un milione e mezzo di abitanti: tanti se ne sono andati ma tanti sono arrivati. Si tratta degli sfollati dalle zone del fronte o dal Donbass».

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Proprio a loro è rivolta l’azione quotidiana conosciuta dai volontari italiani: «I momenti del Giubileo si sono conclusi con la visita a due chiese: la cattedrale cattolica di rito latino e la chiesa greco-cattolica. Qui le volontarie, sono soprattutto le donne che fanno andare avanti la società mentre gli uomini sono al fronte, sfamano oltre 2000 sfollati al giorno con gli aiuti raccolti nella chiesa trasformata in magazzino».

Poi uno dei momenti più sentiti del viaggio: «Abbiamo visitato uno dei cimiteri della città: interi campi di tombe freschissime, punteggiati dalle bandiere ucraine, ricordano i soldati morti al fronte. Qui la stima per i militari è altissima, sono considerati i protettori della nazione, mentre nella politica la fiducia è sempre meno».

Quello incontrato da Seghezzi è un «popolo fierissimo, determinato a combattere per difendere la propria libertà» ma anche una «società civile determinata a ripartire, professori, imprenditori e cittadini che hanno accolto come un gesto di vicinanza e speranza la visita di persone comuni, come loro».

Nella serata di venerdì i volontari italiani sono stati poi accolti alla Filarmonica di Kharkiv per un concerto d’organo organizzato per l’occasione: «In questi ultimi anni quest’organo, che è il più grande del Paese, ha suonato poche volte. È stato un momento colmo di emozione che corona un’esperienza umana che ci fa tornare decisamente più carichi di significato e riflessioni di quando siamo partiti. Vedere in faccia le persone, confrontarsi con quel popolo di cui si parla spesso come qualcosa di lontano, non ha pari».

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