L'ANALISI
03 Ottobre 2025 - 08:56
CREMONA - «Sembra di stare nel romanzo ‘Memorie dal sottosuolo’ di Dostoevskij. È così che vivono gli ucraini a Kiev». Ieri mattina, il cremonese Gian Pietro Seghezzi ha raggiunto Kiev insieme agli altri 109 volontari italiani partiti per l’Ucraina nel ‘Giubileo della Speranza’: l’iniziativa, organizzata dal Movimento europeo di azione non violenta (MEAN), serve a portare vicinanza alle popolazioni colpite dalla guerra.
«Siamo arrivati questa mattina (ieri, ndr). Come da programma — racconta — non siamo rimasti a Kiev per molto tempo. Siamo stati subito accolti dai locali: abbiamo incontrato il nunzio apostolico Visvaldas Kulbokas, e commemorato le vittime di tutte le guerre — non solo quella in corso in Ucraina, e non solo storie di connazionali — nella piazza che un tempo ospitava il cuore laico di Kiev. Questo già fa capire quale sia l’intento di chi ci ha ospitato». Poi è stato il momento delle visite: «Ci siamo spostati nella chiesa cattolica di S. Alessandro — prosegue Seghezzi — dove abbiamo vissuto il momento centrale del Giubileo, con la messa celebrata dall’arcivescovo di Kiev».
Un bell’incontro con i locali, che ha portato una ventata di umanità nei luoghi in cui da troppo tempo si attende la fine dello spargimento di sangue: «Gli ucraini hanno apprezzato molto la visita. Hanno appreso con piacere che l’Europa li ascolta, che i privati cittadini delle altre nazioni sono disposti a recarsi sul posto per visitarli. Il clima che si respira qui è quello di una certa sfiducia nella politica. Da parte loro, non vogliono sentirsi abbandonati».
Anche nella capitale, spiega Seghezzi, i segni della guerra sono ben visibili: «La maggior parte delle iniziative che restano attive sul territorio ucraino — spiega — sono portate avanti dalle donne, che in questo momento sono protagoniste dell’associazionismo. Gli uomini sono quasi tutti al fronte».
Non sono mancati gli attimi di preoccupazione: «C’è stato un primo allarme droni mentre eravamo in chiesa — riporta —. Siamo rimasti lì: gli edifici religiosi sono considerati alla stregua di bunker. Poi c’è stato un secondo allarme, per cui è stata chiusa la stazione dei treni. Ci siamo nascosti nella metropolitana — che è profondissima e sicura — insieme ai locali. A Kiev si conduce una sorta di vita parallela sotterranea, con negozi, attività sportive direttamente nelle metro: e la gente aspetta. Gli ucraini sono ormai abituati a questo tipo di esistenza».
Già da ieri sera, la comitiva di pellegrini è arrivata alle porte di Kharkiv, dove si svolgerà la seconda parte del Giubileo della Pace. Domenica sarà l’ultimo giorno: poi i volontari torneranno a casa.
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