L'ANALISI
02 Ottobre 2025 - 05:30
Nel riquadro Cinzia Marchi del Centro di sostegno al volontariato del Sud Lombardia
CREMONA - È giunto il momento della metamorfosi delle onlus: a partire dal 2026, ciascuna di esse sarà chiamata a scegliere se diventare enti del terzo settore (Ets), o semplicemente ‘chiamarsene fuori’, perdendo tutte le agevolazioni di cui hanno goduto finora.
La riforma era in cantiere da anni, come spiega Cinzia Marchi, operatrice del Csv del Sud Lombardia: «È stato il decreto legislativo 117/2017 a definire l’impianto del Terzo Settore. Questo provvedimento aveva di fatto posto una data di scadenza al modello onlus. Per attuare la riforma, però, è stato necessario attendere il parere della Commissione europea: a luglio di quest’anno è arrivato il ‘sì’ dell’Europa’, che ha dato il via libera al completamento dell’impianto che dovrà da adesso garantire una maggiore coerenza civilistica e fiscale al complesso del Terzo Settore».
Con l’apertura del nuovo anno, dunque, il modello onlus ‘scadrà’. «La data spartiacque è quella del 1 gennaio 2026 — continua Marchi — dopo quasi 30 anni di attività regolata dal decreto precedente. Significa che, nel concreto, dal 2026 in poi tutti i soggetti che si qualificano come onlus dovranno cessare le proprie funzioni. Allo stesso tempo, il registro nazionale delle onlus si chiuderà definitivamente».
A quel punto, tutte le associazioni o fondazioni che hanno scelto questo regime dovranno decidere come comportarsi: «Avranno tempo fino al 31 marzo — precisa Marchi — le opzioni che si aprono davanti a ciascuna attuale onlus sono essenzialmente due: la prima è quella di aderire al Runts, il Registro unico del terzo settore. L’alternativa sarebbe quella di ‘rimanere fuori’».
Una strada, quest’ultima, difficilmente percorribile: «Rimanere fuori dal regime del Runts significherebbe, per questi soggetti, essere costretti a devolvere il patrimonio incrementale costruito nel corso degli anni ad un altro ente. Inoltre, ciascuna ex-onlus perderebbe tutte le agevolazioni fiscali di cui ha goduto finora. Sarebbero dunque applicate le regole del Tuir (Testo Unico delle imposte sui redditi), alla stregua di qualsiasi ente di carattere privato».
In particolare, il pensiero va alle Rsa, «molte delle quali, sul territorio, sono appunto gestite da onlus. Adottare un regime diverso da quello del Runts renderebbe impossibile nella pratica sostenere i costi delle strutture, che nel caso delle Rsa sono particolarmente elevati».
Ma nemmeno la conversione in enti del terzo settore, con l’entrata definitiva nel Runts, sarebbe una strada in discesa: «Ci sono una serie di condizioni che devono essere rispettate — spiega Marchi —. In particolare, è necessario definire il tipo di attività che viene effettivamente svolta dall’associazione. Il passaggio è, evidentemente, molto importante: la nuova normativa presuppone, fra l’altro, cambiamenti notevoli in termini statutari e di governance. Inoltre, la difficoltà maggiore per le piccole realtà è rappresentata dalla digitalizzazione, con l’entrata in vigore di un regime che impone l’uso, per esempio, dello Spid e delle firme digitali. Noi, come Csv, ci saremo per supportare».
È pur vero che, come sottolinea Marchi, «questi soggetti aspettavano da anni la riforma, e molti di loro probabilmente sono già stati preparati per questo importante passo».
A livello numerico, infatti, le onlus stanno diminuendo già da diversi anni. «Dal 2019 ad oggi — entra nel merito Marchi — sono molte le realtà del territorio che hanno già fatto la scelta di passare al Runts, inserendosi in una delle varie sezioni del registro. Al 31 dicembre 2021, gli elenchi dell’Anagrafe Unica delle Onlus, tenuta dall’Agenzia delle Entrate Lombardia, contavano 104 enti in totale. Dopo tre anni, al 31 dicembre 2024, erano già 69, alcuni dei quali nel 2025 si sono iscritti al Runts. È il caso, per esempio, della Fondazione Comunitaria della Provincia di Cremona, attualmente iscritta al registro del terzo settore nella sezione dedicata agli enti filantropici. Il passaggio è stato fatto perché probabilmente, in termini di finalità, gli obiettivi del legislatore erano già palesi».
I motivi per cui si è deciso di ‘staccare la spina’ alle onlus sono numerosi. «Nella logica del legislatore — prosegue Marchi — c’è la volontà di garantire controlli più stretti, in modo che i cittadini che versano donazioni alle associazioni siano più tutelati. Il Runts, tra i suoi vantaggi, ha il fatto di essere un registro pubblico, a cui ogni cittadino può liberamente accedere semplicemente inserendo il proprio codice fiscale. È stata, in altri termini, una scelta di trasparenza».
Inoltre, aggiunge Marchi, «Il Registro unico del terzo settore impone controlli più stringenti alle singole associazioni, tanto sul bilancio quanto sui modelli di governance». Diverso, invece, è sempre stato il caso delle onlus, che «non sono tenute a pubblicare il bilancio sul registro nazionale. È evidente che, per il donatore, con questa modalità diventa più laborioso informarsi sui dettagli dell’associazione a cui si versa. Il problema riguarda, in particolar modo, le onlus più piccole. Dal prossimo anno, questa tipologia di dati verrà ricompresa in un unico ‘contenitore’».
La riforma, in particolare, ha fatto sì che finalmente i dati pubblicati diventassero comparabili. Più nel dettaglio, nell’ambito della riforma sono stati pubblicati decreti che impongono schemi simili a tutti i bilanci, con due modelli diversi a seconda del volume di entrata dell’associazione.
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