L'ANALISI
16 Settembre 2025 - 20:52
CREMONA - Volevano sistemarla tra di loro. Ci avrebbero pensato i ‘giudici’ di una tribù nigeriana a condannare (o no) il connazionale di un’altra tribù, accusato di aver abusato di una bimba, figlia di nigeriani del loro gruppo. Ma non funziona così.
Sarà il Tribunale a decidere se un 49enne abbia o no compiuto atti sessuali su una bambina, figlia di amici. Abusi per l’accusa cominciati intorno alla primavera del 2020, quando la piccola aveva 8 anni, e continuati sino al 23 dicembre del 2021. Abusi con la minaccia alla piccina di tenere la bocca chiusa, altrimenti «ti succedono cose brutte». L’uomo era in aula, oggi. Assistito dall’avvocato Clara Carletti, nega: si difenderà il 9 dicembre. Non si è invece presentato davanti ai giudici un connazionale di 32 anni, coimputato. Anche lui è accusato di violenza sessuale sulla bimba, quando di anni ne aveva 6. Le avrebbe anche mostrato dei video. Lo assiste l’avvocato Raffaela Parisi. La mamma della minore si è costituita parte civile con l’avvocato Giorgio Milanesi.
Anno 2021. Un giorno a scuola, durante l’intervallo, la piccola si è messa in un angolo. Non voleva giocare con i suoi compagni. Il gioco: sedersi tutti per terra. Uno di loro le si è avvicinato, gliel’ha chiesto più volte di andare a giocare. Lei si è rifiutata, perché «ho male lì».
Davanti ai giudici oggi si è accomodata la mamma di quel compagno, teste del pm Giannangelo Maria Fagnani. «Quando è uscito da scuola, mio figlio aveva una faccia strana. Gli ho chiesto se fosse successo qualcosa. Lui mi ha detto: ‘Non so se te la posso raccontare’». Gliel’ha raccontata. Le ha parlato del gioco, della bambina che si è rifiutata.
«È scoppiata a piangere. Mi ha detto che lo ‘zio’ le faceva delle cose... Io l’ho visto, perché questa persona viene a prenderla a scuola. Mamma, per favore non dirlo a nessuno». La mamma lo ha incalzato: «Sei sicuro di quello che ti ha detto? Perché è una cosa grave». Mamma e figlio erano a metà strada. «Sono tornata indietro, ho parlato con l’insegnante».
La denuncia alla Polizia, la visita alla clinica Mangiagalli, l’indagine, l’incidente probatorio, durante il quale la minore ha fatto anche il nome del 32enne. E il processo. Il 49enne giura di non aver toccato la bambina. Sua moglie gli crede. Anche lei è mamma di due bimbi: all’epoca dei fatti andavano all’asilo.
Sul banco dei testimoni, l’ha chiamata l’avvocato Carletti. La moglie ha fatto verbalizzare: «La bambina è figlia di una mia amica. Ogni tanto capitava che venisse a casa mia a giocare. Non veniva da sola, ma con le sue sorelle più piccole. A loro piaceva come facevo da mangiare. Mio marito non c’era, era al lavoro. In casa giocavano con lo smartphone o io giocavo con loro a nascondino nella sala». Il giorno di Natale in casa loro squilla il telefono. La mamma della bimba voleva che lei andasse a casa sua. «Non riesco, sto cucinando. Lei voleva parlare con me, non con mio marito. Ho preso il telefono: mi ha detto che mio marito aveva fatto ‘attività ‘ con sua figlia che stava piangendo. Ne ho parlato con mio marito che mi era accanto. Lui ha negato tutto. Io mi fido di lui». Marito e moglie sono andati dai genitori della bimba. «Ci hanno detto di non preoccuparci, che sarebbero andati in ospedale e che se la bimba non aveva niente, si sarebbero scusati». Il 26 dicembre, «la mamma è venuta a prendermi. Siamo andate in ospedale, io sono rimasta fuori abbastanza tempo. Quando è uscita, mi ha detto che doveva portare la bimba a Milano», alla clinica Mangiagalli dove è stata visitata.
«Con il vostro gruppo di nigeriani è successo qualcosa?», ha rilanciato l’avvocato Carletti. «Ci sono vari gruppi. Il gruppo della mamma della bambina voleva parlare con me e con mio marito. Ci hanno invitati a un appuntamento per parlare». Appuntamento in un bar. «Quando siamo arrivati, c’era tanta gente. Ci hanno accusato di quello che era successo».
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