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SONCINO. IL CASO

Il Comune fa causa alle società telefoniche

La decisione del sindaco di Soncino contro le compagnie: «Non pagano il canone»

Andrea Niccolò Arco

Email:

andreaarco23@gmail.com

27 Agosto 2025 - 20:22

Il Comune fa causa alle società telefoniche

SONCINO - Le compagnie telefoniche non vogliono pagare il canone per l’uso delle torri dove hanno piazzato le antenne e parte la guerra col Comune il cui esito, se non si trova un accordo, potrebbe essere deciso da un giudice. Il sindaco Gabriele Gallina: «Riteniamo non siano stati rispettati gli accordi e abbiamo un’interpretazione diversa da quella dei gestori, quindi abbiamo incaricato un legale per valutare il da farsi».

Ma di preciso, che succede? La risposta è molto semplice, il processo che ha portato fin qui invece è molto più macchinoso. Ma, per farla breve: Soncino ha due grandi torri tappezzate di super-antenne, i ripetitori che le compagnie telefoniche utilizzano per garantire la propagazione del segnale da e verso ogni dispositivo mobile, cioè il cellulare. Un ripetitore per cellulari funziona, in pratica, come un ponte invisibile tra il telefono e la rete dell’operatore: raccoglie i segnali radio emessi dai dispositivi nelle vicinanze, li convoglia attraverso la rete (via fibra o ponti radio) e li rimanda indietro sotto forma di chiamate, messaggi o connessione internet. In questo modo un segnale che da solo sarebbe troppo debole per raggiungere la destinazione viene amplificato e distribuito, garantendo copertura e velocità di navigazione. E di questi ponti virtuali Soncino ne ha due: uno è sulla torre dell’acquedotto in via Melotta e l’altro è sulla colonna esterna dello stadio. Ovviamente non sono posizioni studiate a caso ma, se si toglie dal discorso la Torre Civica, si parla dei punti apicali della città.

Ecco, terminata l’infarinata di cultura generale, si arriva al nodo gordiano. Semplificando all’estremo, il Comune pensa di dover prendere sui 15mila euro l’anno per l’affitto delle torri. Le due compagnie telefoniche ne vogliono dare qualche centinaio e invocano una legge recentemente modificata. Mela della discordia è il cosiddetto “canone antenne”, introdotto dalla normativa nazionale che ha fissato in circa 800 euro l’anno il contributo dovuto dai gestori per ciascun impianto installato su beni pubblici. Secondo le compagnie internazionali, quindi, anche i ripetitori collocati sulla torre dell’acquedotto e sulla colonna dello stadio di Soncino rientrano in questa disciplina e non possono più essere soggetti a canoni più elevati. Piazza Garibaldi, al contrario, rivendica gli importi pattuiti in passato forte di un contratto che, secondo gli amministratori, dovrebbe essere onorato per come firmato.

Morale della favola? Nessuna. Perché manca il finale. Le strade possibili sono quattro: cede il Comune, rinunciando a una cifra comunque non esagerata; cedono i colossi della telefonia, a cui costerebbe decisamente meno evitare la bagarre; ci si accorda su una via di mezzo con un contratto nuovo; ipotesi estrema, si va in tribunale.

Comunque vada i soncinesi possono stare tranquilli: le antenne restano lì e non si spegneranno i telefoni da un giorno all’altro.

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