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L’ECONOMIA SOTTO LA LENTE

Arrivederci Superbonus. E l’edilizia segna il passo

Diminuiscono le aziende, calano gli investimenti. L’era del 110 volge al termine

La Provincia Redazione

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12 Luglio 2025 - 05:25

Arrivederci Superbonus. E l’edilizia segna il passo

CREMONA - Mentre il superbonus va scemando, il comparto costruzioni comincia a soffrire la fine dell’onda di crescita (in termini di investimenti) che ha caratterizzato gli anni del 110. In Lombardia, segnala Cna, l’edilizia dell’ultimo trimestre ha sperimentato una fase di crisi: quest’anno, le aziende sono diminuite del 4% rispetto al primo trimestre 2021, e il volume di prestiti per il comparto costruzioni è calato del 20,5%.

Lo scenario cremonese, secondo Giovanni Bozzini, presidente Cna Lombardia, non è lontano da quello lombardo. Peraltro, in un contesto in cui la regione e la provincia soffrono della carenza di edifici residenziali.

«Se non andiamo ad incentivare la residenzialità con un progetto organico a livello nazionale, regionale e locale - precisa Bozzini - creeremo un vuoto rispetto ad un bisogno enorme, evidente a tutti. Il comparto costruzioni, in Lombardia, sta attraversando una fase alquanto difficile, sotto le pressioni della curva discendente del superbonus, con una forte selezione delle aziende». Non solo, dunque, la crescita auspicata dal governo con l’introduzione del 110 non è arrivata; «bisogna costruire case pubbliche - prosegue - le vecchie case popolari, con piani d'affitto calmierati e investimenti. C'è un calo impressionante del settore che stride con forza rispetto ad una pressante domanda abitativa». Cremona, prosegue Bozzini, risente così come Mantova «del calo delle aziende, molte delle quali sono nate nel biennio del covid. Bisogna rispondere a questa tendenza con un’edilizia importante e programmata».

La flessione del settore, a livello nazionale, è fotografata dal 38° rapporto congiunturale e previsionale Cresme 2025, dedicato al settore costruzioni. Secondo le rilevazioni effettuate dal report, le ristrutturazioni private starebbero subendo, a livello nazionale, una pesante contrazione (-11%), mentre il fronte delle opere pubbliche starebbe tenendo il passo.

Cresme attribuisce la trasformazione del settore costruzioni anche ad altre cause, che impattano sull’intero sistema. «Il quadro economico e geopolitico internazionale - segnala Cresme nel testo di presentazione del report - è segnato da una fase critica che rende da un lato problematiche le previsioni, dall’altro più necessarie». E prosegue: «potremmo dire che la sensazione che sintetizza meglio quello che viviamo è l’impasse: non sappiamo cosa fare perché non sappiamo bene cosa succederà, e quindi continuiamo a fare quello che facevamo. Certo una parte del ‘danno’ è già nei fatti: per molti osservatori, la questione non è se l’economia mondiale rallenterà ma quanto rallenterà».

Le prospettive, avverte Cresme, non sono incoraggianti: «le previsioni di crescita già si riducono; per l’Italia il Pil nel 2025 crescerà solo dello 0,4%».

In questa situazione il mercato delle costruzioni, che, come segnala Cresme, procede con tempi più lenti, si appoggia alle opere pubbliche. Al contrario, le opere di riqualificazione confermano «la dinamica negativa che colpisce in particolare alcuni segmenti della lunga filiera di mercato (distribuzione, finiture, efficientamento energetico), pur con un impatto che si mantiene intorno ad un -10% dopo gli eccezionali picchi toccati con i superbonus».

Niente panico, dunque, dal fronte nazionale, per cui i livelli di attività rimangono comunque «ben più alti rispetto a quelli del 2019».

I timori sono rivolti, invece, alla riqualificazione del patrimonio edilizio. Cresme prevede che tra il 2026 e il 2027 gli incentivi del superbonus si contrarranno in modo drastico. Più precisamente, «dal 50% al 36% per gli interventi nelle prime case e dal 36% al 30% per gli interventi nelle seconde case». Il percorso è logico e prevedibile nel suo sviluppo: nel 2021, gli incentivi per l’efficientamento energetico delle abitazioni sono saliti a quota 16 miliardi di euro (quattro volte la cifra del 2019), e poi ai 46 miliardi del 2022. Da lì, l’impegno degli investimenti si è ridotto di volume: si scende ai 42 miliardi del 2023 e ai 16,6 miliardi del 2024. «Nel 2025 resterà ben poco» conclude Cresma.

Se è vero che ridurre la consistenza di un incentivo non significa introdurre un disincentivo, Cresma però osserva che il sistema ne ha fortemente risentito, arrivando a performance meno brillanti rispetto a quelle del 2022: «gli incentivi ‘tradizionali’ hanno visto crescere i lavori dai 28 miliardi del 2019 ai 38,4 del 2021, ai 54,4 del 2022, per scendere a 51,5 del 2023 e ai 47 del 2024. Nonostante la corsa a beneficiare dei migliori incentivi rispetto a quelli in prospettiva calanti, di cui si registrano un’ultima ondata nel gennaio del 2025, la contrazione del mercato appare certa anche se i livelli di produzione resteranno ben superiori anche nel 2025 a quelli del 2019».

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