L'ANALISI
19 Giugno 2025 - 19:41
CREMONA - Un’aspra faida tra vicini di casa è approdata in tribunale, con accuse reciproche di stalking, minacce e vessazioni. Da una parte Luciano, Lea e Marta (nomi di fantasia), una famiglia cremonese che denuncia una vita resa un inferno dai coniugi Michele e Silvia, 79 e 75 anni. Dall’altra, gli imputati, che respingono ogni accusa e ribaltano la situazione: «Sono loro gli aggressivi».
La scorsa udienza erano state sentite le presunte vittime, che hanno raccontato di un rapporto un tempo cordiale degenerato in continue ingiurie e comportamenti vessatori. La famiglia si è costituita parte civile con l’avvocato Davide Lacchini: «Vivo come una reclusa – aveva dichiarato la madre Lea sentita dai giudici –. Loro curano ogni nostro spostamento in giardino e ci filmano quando usciamo».
Un repertorio che si sarebbe ripetuto a ogni incontro: «Monitorano quel che facciamo pur di intercettarci e cercare lo scontro verbale. Ci filmano, ci osservano, ci insultano, ci minacciano e ci molestano, non siamo liberi di fare nulla». Al punto che la signora Lea ha raccontato che «per la paura non esco più di casa, non vado più neanche a prendere il pane o a buttare la spazzatura».
E proprio con lei i coniugi imputati se la sarebbero presa con particolare insistenza e cattiveria: «Sputavano in terra quando mi vedevano, e nel tempo questo ha comportato dei problemi per cui ho dovuto iniziare una cura da uno psichiatra». E poi quella frase terribile, riferita da diversi testimoni, sempre rivolta a Lea, in cura per un tumore: «Era meglio se il cancro ti veniva al cervello invece che alle tette». Non ci sarebbero mai state aggressioni fisiche «ma – aveva ricordato anche l’ex compagno della figlia – avevo assistito a un litigio in giardino, io stavo montando la canna fumaria sul tetto e i due vicini hanno cominciato a inveire contro i miei ex suoceri dicendo: ‘cosa fate? Ci state distruggendo la casa?’. Poi minacce e insulti.
Da parte degli imputati, che per la difesa sono rappresentati dal legale Stefano Ferrari, invece arrivano smentite e accuse di senso opposto: «Sono loro quelli aggressivi – ha riferito Silvia – noi non abbiamo mai insultato nessuno. In questa storia siamo noi le vittime». E oltre alle minacce e agli insulti la donna riferisce un’altra versione anche sui due fatti sui quali i giudici si stavano concentrando: il ‘faro da stadio’ e la telecamera puntati sulla casa dei vicini. In particolare la luce sarebbe stata montata, per l’accusa, con il preciso intento di rendere il sonno impossibile alla famiglia che, non potendo accendere i condizionatori per motivi di salute, d’estate dormiva con le finestre spalancate.
Dalle parole della figlia degli imputati emerge un’altra versione: «Il faro da 500 watt e la telecamera sul portone di ingresso sono mie – ha riferito la donna, che abita in prossimità dei genitori – Avevo subito dei furti e allora ho installato dei dispositivi di deterrenza, per scoraggiare i ladri. Tra l’altro la telecamera era finta, con la sola funzione di dissuadere i malintenzionati». La figlia ha continuato: «Li ho spenti e rimossi appena ricevuta la diffida», ha precisato «E nel frattempo ho sostituito il sistema di videosorveglianza». La donna nega anche gli atti persecutori che sarebbero stati commessi dai suoi genitori ma ricorda una lite durante la quale «Luciano urlava contro mio padre. Erano minacce pesanti». Eppure, continua la figlia, «fino al 2019 i rapporti tra loro erano di buon vicinato», ma le cose sono cambiate «con la trattativa per rilevare la nostra attività. C’erano stati degli incontri, una trattativa, ma il tutto non era andato a buon fine e lì è degenerato tutto il rapporto».
Anche sulla ricostruzione delle ragioni di questi dissapori tra vicini le due versioni continuano ad essere contrastanti. Per le parti offese la ragione del repentino cambio di atteggiamento sarebbe infatti tutt’altra: «Il loro intento è mandarci via dalla nostra abitazione, farci scappare, per rilevarla e riunirla ai propri fabbricati».
Ora che sono state sentite le parti il tribunale dovrà decidere se i fatti configurano il reato di stalking o se, come sostiene la difesa, si tratti di un conflitto tra vicini degenerato in accuse infondate. La sentenza è attesa per il 23 ottobre.
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