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CREMONA. NELLE AULE DI GIUSTIZIA

Foto shock, insospettabile condannato a 4 mesi

Pedopornografia: ha scaricato materiale raccapricciante, ma non lo ha divulgato

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

18 Giugno 2025 - 21:21

Foto shock, insospettabile condannato  a 4 mesi

CREMONA - Quando gli investigatori gli hanno sequestrato il tablet, hanno scovato del materiale shock: 60 fotografie e 59 video di bambini e bambine «di natura esplicitamente pedopornografica». Finito a processo per detenzione di materiale pedopornografico, l’uomo, sposato e padre di un ragazzo disabile, oggi è stato condannato a 4 mesi (pena sospesa e non menzione). Il pm onorario, Silvia Manfredi, aveva chiesto al giudice di condannarlo a 1 anno, perché «i materiali scaricati, sono stati salvati e rimasti nella memoria. Non vi sono dubbi sulla volontà di prendere visione del contenuto». Dolo, per l’accusa.

«Quando ho visto quelle immagini, mi sono stupito. Erano schifezze e le ho cancellate, ma sono rimaste nel cestino del pc. Non so come mai mi siano capitate davanti. A me piacciono le donne adulte, non farei mai una cosa simile», si era difeso l’insospettabile imputato. Alla sua utenza telefonica, gli inquirenti erano risaliti nel corso di un’indagine scattata a livello nazionale contro la pedopornografia. Il suo e molti altri nominativi, da Roma erano stati inviati al Centro Operativo per la sicurezza cibernetica di Milano.

Il 31 agosto del 2023, gli investigatori della Polizia postale di Cremona si erano presentati a casa dell’imputato con un decreto di perquisizione. «L’abbiamo incontrato mentre stava uscendo di casa. Ha collaborato, ci ha dato due smartphone e un tablet». Il tablet era in bella vista sul comò.

Chi ha indagato, aveva subito dato uno sguardo a cosa c’era dentro nel tablet. Uno «sguardo veloce». Il tablet era stato sequestrato: lì dentro, come risulterà da un accertamento più approfondito (copia forense) erano state trovate 60 immagini, di cui 42 nella memoria temporanea, immagini che l’imputato aveva guardato, ma non scaricato, a differenza delle altre e dei 59 video. Immagini e video shock scaricati la sera dell’11 maggio, in 17 minuti: dalle 21.33 alle 21.50.

«Tutte le immagini derivavano dalla piattaforma di messaggistica Telegram (Telegram è il ricettacolo dell’obbrobrio). Non c’era traccia di diffusione», aveva spiegato l’inquirente il quale, rispondendo al difensore, aveva confermato che «è possibile imbattersi in queste immagini inconsapevolmente». «Di quali comportamenti è colpevole il mio assistito? Non le ha scambiate, non le ha utilizzate. Ha detto di essere rimasto schifato». Nel difendersi, l’imputato aveva spiegato che il figlio sapeva usare i dispositivi «anche se alla sua maniera. Io di solito glieli tolgo, perché succede sempre qualche pasticcio, ma non posso controllarlo tutto il giorno».

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