L'ANALISI
17 Giugno 2025 - 20:52
SPINO D'ADDA - «Non ha detto una parola: è entrato a volto coperto, mi ha fatto segno di stare zitta e, minacciandomi con un oggetto appuntito, ha cominciato a frugare la cassa». Gli attimi di terrore che avevano scosso la farmacia Riccaboni di Spino d'Adda sono stati rivissuti in aula oggi davanti ai giudici grazie alle testimonianze delle dottoresse e del titolare dell’esercizio.
Il processo riguardava fatti risalenti a otto anni fa, il 2017, quando nella tarda mattinata del due febbraio un uomo entrò con il volto celato da un cappellino e una sciarpa tirata sul naso. In farmacia c’erano tre dottoresse, una al banco e due nel retro. Il titolare era invece al piano superiore ma «quando ho sentito le urla delle mie dipendenti mi sono precipitato di sotto, facevo i gradini a tre a tre, e ho visto la scena: la cassa era aperta e spostata, un uomo si stava allontanando di corsa».
E di corsa era partito anche il farmacista: «L’ho inseguito per una ventina di metri sotto i portici, ma poi l’ho visto salire su un’auto, sul sedile del passeggero, e scappare». Della targa della macchina, «una punto grigia», il farmacista era riuscito a vedere solo le prime due lettere.
Al momento di sporgere denuncia questi elementi, insieme ai filmati delle telecamere della zona, sono bastati ai carabinieri per identificare il mezzo e risalire al proprietario. E così, sul banco degli imputati sono finiti in due, entrambi con precedenti penali: uno è il figlio dell’uomo a cui è intestata la macchina, che gli inquirenti hanno identificato come quella usata per la fuga e l’altro è un suo conoscente, tirato in causa da quanto emerso durante i primi interrogatori.
Ma per i legali della difesa, Francesco Ciceri Contoli e Monica Nichetti, che porteranno i propri testimoni nel corso della prossima udienza, «più che di prove si tratta di indizi: i nostri assistiti sono stati imputati su basi deboli».
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