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CREMONA. NELLE AULE DI GIUSTIZIA

Vittima della legionella, le analisi di Nas e periti

Il giudice ha sentito gli esperti che hanno analizzato le acque della locanda incriminata

Francesco Gottardi

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fgottardi@cremonaonline.it

12 Giugno 2025 - 19:46

Uccisa dalla legionella, la locanda a processo

CREMONA - «Non c’è alcun elemento che faccia intendere una mancanza dolosa nell’attuazione delle misure di prevenzione». Oggi nelle aule del tribunale di Cremona si è tornati a discutere del caso di un’infezione da legionella che ha portato alla scomparsa di una 79enne nel gennaio del 2022.

La vicenda ha portato sul banco degli imputati in due diversi processi (uno penale e uno civile) la titolare della locanda del cremonese dove la donna aveva soggiornato con la figlia prima di ammalarsi ed essere ricoverata in ospedale a Pisa, dove si sarebbe dovuta trasferire. Da quell’ospedale però la donna non è mai uscita: vi era arrivata in condizioni già compromesse per una febbre che non passava.

Polmonite, la prima diagnosi, poi si era capito che la causa era il letale batterio. Mentre per la 79enne, con un quadro clinico già compromesso, non c’è stato a quel punto nulla da fare, sul fronte della giustizia sono iniziati gli accertamenti che hanno portato a rilevare tracce di legionella nelle tubature della struttura dove la donna aveva passato poche notti, dal 13 al 15 gennaio.

Il procedimento civile si avvia verso la conclusione, che potrebbe coincidere con l’accordo di risarcimento per la figlia e i nipoti costituitisi parte civile con l’avvocato Alberto Gnocchi.

Per quanto riguarda invece la causa penale oggi in aula il processo è entrato nel vivo con l’audizione di sei testimoni del pubblico ministero: oltre alla figlia della vittima sono stati sentiti alcuni tecnici dei laboratori che hanno eseguito le analisi sulle acque del locale e il carabiniere dei Nas che ha svolto gli accertamenti dopo i fatti.

L’accusa della quale deve rispondere la donna, assistita dal legale Luca Curatti, è pesante: omicidio colposo. Durante gli accertamenti e in diverse tranche gli uomini dell’arma hanno prelevato la documentazione relativa a sanificazione e misure di controllo della locanda. «La mia assistita ha prodotto – spiega Curatti – i rapporti di prova per l’acqua potabile, documenti di valutazione rischi, il registro di controllo per la legionellosi, manuale di autocontrollo igenico, il registro di controllo delle analisi di iniziativa per l’accertamento del batterio legionella, l’attestato di frequenza per il responsabile del servizio protezione e altri atti che documentano interventi fino a ottobre 2021, poco prima dei fatti. Quel che viene contestato è che ci sarebbero altre misure che non sono state correttamente assolte».

Il nucleo del processo, per Curatti, si concentra sull’intenzionalità: la titolare del locale non avrebbe ignorato il rischio e avrebbe fatto «per quanto possibile» quel che era previsto per contrastare la proliferazione del batterio nelle acque di ristagno. Un batterio rispetto al quale il medico legale che ha accertato le cause della morte della 79enne ha confermato «che non esiste un sistema per ottenere la sterilizzazione al 100%».

Nel corso dell’udienza è poi emerso un altro aspetto sul quale si è concentrata la difesa della titolare: un altro caso di positività, senza sintomi, alla legionella era stato rilevato nell’abitazione di un uomo residente a pochi metri dal locale. «Teniamo conto – ha concluso Curatti – che noi arriviamo a questo processo con una richiesta di archiviazione del pm rigettata dal giudice. L’elemento soggettivo del reato non c’è».
Si tornerà in aula il prossimo 30 ottobre per l’esame degli imputati della difesa.

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