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CREMONA. NELLE AULE DI GIUSTIZIA

Pesta la madre: il figlio condannato a tre anni

L’anziana con demenza senile. Il 47enne: «La trattavo come una regina»

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

04 Giugno 2025 - 19:50

Pesta la madre: il figlio condannato a tre anni

CREMONA - «Era piena di lividi ed ematomi? Certo che sì: cadeva e sbatteva dappertutto. Era normale. Mia madre è ammalata: decadimento cognitivo. Appena la tocchi, le restano i segni, ma io non c’entro. Sono figlio unico e a mia madre ho sempre voluto bene, l’ho sempre trattata come una regina. Non l’ho mai toccata. Io le voglio bene».

Il giudice non gli ha creduto. Oggi ha condannato a 3 anni e 2 mesi il figlio 47enne per maltrattamenti e per le lesioni causate alla madre, oggi 77enne: le botte alle braccia, alle mani e alle gambe, ma anche due dita fratturate (21 giorni di prognosi) e un livido sotto l’occhio, da giugno a settembre del 2022. Il pm aveva chiesto 3 anni.

Da tempo la madre vive «serena» in una casa di riposo. Il figlio, per il quale lei «stravedeva», va a trovarla ogni giorno. Il giudice lo ha condannato a risarcire con 3mila euro (una provvisionale) la madre, parte civile nel processo assistita dall’avvocato Cristina Pugnoli. Entro 90 giorni sarà depositata la motivazione della sentenza. L’avvocato difensore, Gianluca Pasquali, si riserva di leggerla per poi ricorrere in Appello.

«Non l’ho mai picchiata», si era difeso il figlio. In casa le liti c’erano. «Lei voleva cucinare, voleva fare le cose per me che sono figlio unico, ma non riusciva, faceva dei danni. A causa del suo decadimento cognitivo, mia mamma diventava cattiva e si arrabbiava. Una volta ha preso il coltello e voleva uccidersi. Gliel’ho tolto io dalle mani». Il figlio aveva ammesso le urla «e anche qualche insulto è scappato. Ho anche la voce alta di mio». E forse «è per questo che i vicini hanno pensato che io le mettessi le mani addosso. Nessuno, comunque, mi ha mai chiesto niente. Io ho sbagliato. Non dovevo gestire la situazione di mia mamma da solo».

La vicina, il nipote della vicina, la volontaria che fa assistenza, un’operatrice assistenziale, il medico di base, la nipote della 76enne: al processo tutti i testimoni avevano confermato di non aver mai visto il figlio strattonare, alzare le mani sulla madre che in casa si muoveva con un bastone.

Le due volte in cui la madre era andata al Pronto soccorso, le botte le aveva giustificate così: «Sono caduta». Finché un giorno l’anziana ha infilato un foglietto sotto la porta della vicina del piano di sopra: «Mio figlio è venuto a casa. Prima o poi mi ammazza. Ho paura. È pazzo». Una richiesta di aiuto, la sua. Per poi raccontare a chi ha indagato. «Mio figlio mi picchia, mi picchia, urla, non so perché è così, è sempre stato bravo, non mi sopporta più che sono diventa così. Mi dà pugni sulla testa, mi strattona».

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