L'ANALISI
04 Giugno 2025 - 18:57
CREMONA - «Papà, la mamma e i nonni mi riempiono di botte, mi danno schiaffi, calci e pugni, a volte tutti e tre insieme. Una volta la mamma mi ha riempito di calci. Una volta mi ha puntato un coltello alla gola, il nonno mi minaccia: ‘Ti ammazzo’».
Erano tutte frottole di un’adolescente, figlia di genitori separati. Una ragazzina «molto ribelle», che pur di tornare a vivere giù in Calabria con il padre, forse perché qui non si trovava bene, ha accusato la madre e i nonni materni di averla pesantemente maltrattata.
Nel processo che si è svolto con la formula del rito abbreviato con indagini difensive, oggi il gup ha assolto mamma e nonni ‘perché il fatto non sussiste’: formula piena. L’avvocato, Marco Simone, ha smontato il castello di bugie della ragazza, oggi 17enne. Il pm, Davide Rocco, aveva chiesto l’assoluzione per insufficienza di prove. Dopo la sentenza pronunciata al termine di «un procedimento che ha letteralmente consumato di dolore una famiglia per bene ed innocente», mamma e nonna, 46 e 69 anni, hanno pianto e abbracciato il loro avvocato. Il nonno, 74 anni, è rimasto a casa: troppo dolore gli ha fatto fibrillare il cuore.
La vicenda nasce dalla querela del padre (parte civile), depositata il 9 gennaio del 2024. La figlia va a trascorrere le vacanze di Natale in Calabria dal papà. Gli racconta che da settembre la mamma e i nonni la massacrano di botte. Il padre corre dai carabinieri, afferma di essere venuto a conoscenza, ‘recentemente’, di cinque episodi di maltrattamenti dal racconto della figlia. Precisa che già un anno prima, la figlia, in vacanza da lui, gli ha confessato di non volere ritornare a casa da mamma e nonni non tanto perché picchiata o vessata.
Perché «non veniva adeguatamente seguita e trattata nel modo corretto», «non veniva accompagnata a scuola... non le veniva data la possibilità di trascorrere del tempo con gli amici ... non poteva andare in palestra, non poteva fare nulla». Tutte bugie, anche allora, nella speranza di poter rimanere in Calabria. E poiché non è andata secondo i suoi piani, l’anno dopo la figlia ‘alza il tiro’, denunciando al padre quei cinque episodi di maltrattamenti. Li riferisce con una precisione quasi chirurgica (giorno, ora), salvo poi avere ricordi sbiaditi, chi indaga la sente. «Ho ricordi vaghi, ricordo in maniera confusa quello che è successo».
Nelle indagini difensive, l’avvocato Simone ha sentito sei persone che frequentavano assiduamente la casa, tra cui due familiari, una coppia di amici, l’insegnante del doposcuola. Nessuno ha mai visto l’adolescente con i lividi, anzi. Il quadro emerso è di una mamma e di due nonni che non solo amano la ragazzina. L’hanno viziata, pur di darle serenità. Hanno pagato l’iscrizione a una palestra, poi a un corso di scherma, hanno preso in affitto, per un mese, una casa al mare in Calabria, per consentirle di frequentare le amiche dell’estate e di uscire la sera. E ancora, le gite in montagna o al lago in famiglia, l’insegnante privata a casa per aiutarla nei compiti e a migliorare l’andamento scolastico.
Nel fascicolo delle indagini difensive, il legale ha inserito 59 foto e 18 video: ritraggono la giovane «senza lividi, felice e sorridente in compagnia della mamma e dei nonni durante giochi, viaggi, festività o scherzi in famiglia». Mamma e nonni hanno accontentato in tutto la ragazzina. Anche quando lei ha chiesto di potersi trasferire, con un’amica, in un collegio del Nord Italia. Con il benestare del padre, è andata a settembre scorso. Il legale ha provato che quando la figlia rincasa nei fine settimana, è sempre serena, abbraccia nonni e mamma. Nel suo piano per restare in Calabria, la figlia aveva detto dell’altro al papà. Ovvero che che lei in casa stava male anche per colpa delle muffe. Con lo smartphone aveva fotografato due macchioline dietro il calorifero di una stanza non frequentata. Le aveva ingrandite per farle sembrare macchie giganti. Un’altra bugia.
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