L'ANALISI
30 Maggio 2025 - 19:18
CREMONA - Un anno e sei mesi di condanna per truffa: si è conclusa così la vicenda giudiziaria che ha visto protagonista un uomo di 71 anni, finito sul banco degli imputati al tribunale di Cremona, accusato di truffa in concorso per aver venduto spazi pubblicitari con la falsa promessa di finanziare l’installazione di defibrillatori in diversi comuni tra Reggio Emilia e Mantova. Il caso è stato preso in carico dal tribunale locale perché l’uomo, dipendente di una ditta del casalasco, stipulava i contratti a nome della società con sede sul territorio.
L’uomo, rappresentato dall’avvocato Andrea Giubertoni, contattò almeno 38 imprese tra Guastalla, Montecchio Emilia, Maranello e Novellara, presentandosi come promoter di un progetto ‘patrocinato dai Comuni’. Mostrava una mappa con i presunti punti in cui sarebbero stati installati i defibrillatori, promettendo che parte dei contributi delle aziende (tra i 700 e i 1.000 euro + Iva) sarebbe servita proprio all’acquisto dei dispositivi salvavita.
Peccato che né i cartelloni pubblicitari né i defibrillatori siano mai comparsi. Agli imprenditori che avevano stipulato il contratto pubblicitario per figurare come sponsor dell’iniziativa benefica arrivò solo, in alcuni casi, la cartina stampata ma mai affissa nei paesi.
Molte aziende avevano escluso il tacito rinnovo, barrando l’apposita clausola. Eppure, dopo un anno, iniziarono a ricevere mail insistenti che chiedevano nuovi pagamenti. Alcuni imprenditori, confusi, pagarono di nuovo; altri, sospettando l’inganno, denunciarono tutto ai carabinieri. L’accusa ha evidenziato come l’uomo abbia strumentalizzato un evento drammatico: nel periodo in cui propose l’iniziativa (tra il 2017 e il 2018), nella zona era morto un bambino per arresto cardiaco. «Ha fatto leva sulla nostra sensibilità», ha raccontato una vittima. «Abbiamo aderito pensando di fare del bene, chi avrebbe detto di no per dieci defibrillatori da installare?».
E proprio su questo elemento di raggiro legato a una tragedia locale e molto sentita nelle comunità ha insistito il pubblico ministero nella sua richiesta di pena, che è stata di due anni e mille euro di multa. La strategia era stata definita ‘marketing della truffa’, a partire dalla scelta di adottare un cuore come simbolo della campagna.
Nel pronunciare la sentenza il giudice ha condannato l’imputato, escludendo però la multa in risarcimento di due imprenditori che si erano costituiti parti civili. Come aveva sottolineato la difesa le querele e le costituzioni di parte erano state «tardive» essendo avvenute a più di un anno dai fatti.
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