L'ANALISI
CRIMINALITA' ORGANIZZATA
28 Maggio 2025 - 05:30
Il prefetto Antonio Giannelli
CREMONA - Nel giorno della pubblicazione del rapporto della Dia sulle infiltrazioni mafiose, il prefetto Antonio Giannelli fa il punto sulla sua azione a Cremona, dove è insediato dallo scorso ottobre. Numeri alla mano, la strategia è chiara: colpire non solo i clan, ma l’intero sistema che alimenta le cosche.
«Qui non parliamo solo di racket o di droga – spiega Giannelli – ma di un sistema parallelo che inquina l’economia legale».
E del resto, che la criminalità organizzata ormai da tempo non calzi più l’immagine stereotipata che la associa al controllo militare di certe aree del Meridione è un fatto acclarato. Al punto che oggi si può parlare, in molti casi, di ‘mafiosi con il colletto bianco’ che operano in settori ‘puliti’ e molto redditizi. I dati sono allarmanti: in Lombardia, le mafie generano 40 miliardi di euro l’anno di affari legali, il 70% dei quali reinvestiti in attività ‘pulite’. A livello nazionale, sono 150mila le imprese a rischio infiltrazione.
La risposta? Interdittive antimafia e recupero delle aziende ‘contaminate’: «Usiamo tutti gli strumenti legali per reinserire nel mercato le imprese sequestrate, bilanciando legalità e tutela del lavoro». A testimoniare la necessità di mantenere la guardia alta anche nei settori meno tradizionali è anche l’ultimo provvedimento firmato da Giannelli: ha colpito un’azienda cremonese apparentemente insospettabile: gli accertamenti e i provvedimenti giudiziari hanno svelato invece la presenza consolidata di rapporti d’affari con decine di Comuni sciolti per mafia in tutto il Paese.
Un’azione di controllo e prevenzione non semplice, che passa per un attento monitoraggio delle operazioni finanziarie sospette: «E per questo anche la collaborazione risulta centrale: recentemente abbiamo siglato, insieme ai prefetti di Brescia, Bergamo e Mantova, un protocollo per facilitare e favorire lo scambio di informazioni tra le nostre province in modo da rendere più efficace l’attività preventiva».
Il vero nemico, sottolinea il prefetto, è la zona grigia: quel reticolo di connivenze tra imprenditori, professionisti e pubblici amministratori che facilita l’espansione delle cosche.
«A Cremona lavoriamo in un’ottica preventiva – spiega –. Dobbiamo estromettere chi inquina il mercato, proteggendo chi opera nella legalità. Questo è l’ambito di azione delle interdittive: sono i cosiddetti ‘provvedimenti a tutela anticipata’ che operano nel campo del ‘più probabile che non’ per prevenire il rischio di infiltrazioni».
Centrale risulta il lavoro sulla coesione sociale: una cittadinanza partecipe e vigile rappresenta un ottimo anticorpo per contrastare il rischio di infiltrazioni. «Stiamo accendendo fari nella società – continua Giannelli –. I patti per la sicurezza con le categorie economiche e la cittadinanza prevedono un impegno anche in questo senso». Un altro esempio è la ‘White list’ presso la Prefettura di Cremona: si tratta di un elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, operanti nei settori esposti maggiormente a rischio. «I settori ‘classici’, tradizionalmente più esposti al rischio di contaminazione, sono ben noti ma non dobbiamo limitarci a questo – avverte Giannelli –. Non possiamo escludere che le mafie si dedichino a tutti i settori dove ci sono degli interessi economici rilevanti».
La ‘ristrutturazione’ dell’attività mafiosa al Nord è sintetizzata proprio in questo: la criminalità organizzata attecchisce dove maggiori sono i flussi economici e con questi si sposta con pervasiva agilità. Fondamentale è pertanto il coordinamento con le istituzioni: dalla Guardia di Finanza alla Dia, fino alla collaborazione con Anac per bloccare gare d’appalto sospette.
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