L'ANALISI
15 Maggio 2025 - 20:15
CREMONA - Era attesa per domani e invece si dovrà aspettare il prossimo 22 maggio 2025 per il pronunciamento della sentenza per la maxi-truffa del cibo da asporto non pagato. Sul banco degli imputati sono finite tre donne per 34 capi d'accusa e un danno economico stimato attorno ai 9.000 euro. I fatti risalgono al periodo del lockdown 2020, quando decine di ristoratori di Cremona e provincia – tra cui locali di lusso, pizzerie e pasticcerie – furono ingannati da false ordinazioni telefoniche. Oggi il pm onorario ha chiesto condanne per due delle tre imputate, mentre la terza potrebbe essere assolta. A cambiare le carte in tavola sono state soprattutto le numerose rimissioni di querela, che hanno fatto decadere gran parte delle accuse.
Oggi in aula le parti hanno pronunciato le arringhe finali di fronte al giudice e avanzato le relative richieste di pena. Il pubblico ministero ha chiesto 4 anni e 4 mesi, oltre a 2.800 euro di multa, per Paola Francesca Pizzamiglio, accusata di truffa, insolvenza fraudolenta e ricettazione e difesa dall’avvocato Giovanni Bertoletti. Debora Orfeo, rappresentata dai legali Annamaria Petralito e Luca Genesi, è invece imputata ‘solo’ di simulazione di reato (aveva denunciato falsamente la scomparsa di assegni) e per lei l’accusa ha chiesto 1 anno di reclusione. Assoluzione, con il ripensamento dei querelanti, per Stefania Merlo, difesa da Cesare Grazioli.
Le indagini hanno ricostruito un sistema collaudato: le imputate chiamavano i locali spacciandosi per conoscenti di clienti abituali, ordinando pietanze costose, vini pregiati e persino torte, salvo poi non pagare mai. In alcuni casi, ritiravano la merce personalmente, come a Vescovato, dove furono sorprese da un carabiniere fuori servizio mentre ricevevano cibo da una pizzeria di Casalbuttano.
Per non pagare i sistemi erano diversi, tra cui quello dell’assegno in bianco mai incassato o le promesse di ripresentarsi a saldare i conti. Dopo una serie di denunce, i carabinieri avevano allertato gli esercenti, mentre un ristoratore vittima della truffa aveva pubblicato un post su Facebook per avvertire altri colleghi. «A quel punto si era sparsa la voce e le truffatrici avevano terra bruciata», ha testimoniato il luogotenente Adriano Garbino, ex comandante della stazione di Vescovato. Per scrivere la parola ‘fine’ anche sulla vicenda giudiziaria bisognerà però aspettare ancora una settimana.
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