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I GIOVANI ALLO SPECCHIO: LE INSIDIE DI DISAGIO E DEVIANZA

Foto proibite e blasfeme: chat shock già a 12 anni

Sale l’allarme per la condivisione di contenuti scottanti tra i ragazzini: il caso di una mamma

Riccardo Maruti

Email:

rmaruti@laprovinciacr.it

07 Maggio 2025 - 05:10

Foto proibite e blasfeme: chat shock già a 12 anni

(Foto IA)

CREMONA - «Mamma, posso installare WhatsApp sul telefono? I miei compagni hanno aperto una chat di classe». Si è fidata, mamma Lucia (nome di fantasia), e ha scaricato l’applicazione di messaggistica istantanea sul cellulare del figlio 12enne. Inizialmente convinta che i ragazzini utilizzassero quello spazio comunicativo per scambiarsi informazioni sulle lezioni e, al più, per darsi appuntamento al campetto, si è presto scontrata con una realtà ben diversa.

E sconvolgente. Perché in quella chat circolava di tutto, compresi meme violenti, frasi blasfeme e immagini a sfondo sessuale. Lucia si è immediatamente confrontata con gli altri genitori e l’icona verde di WhatsApp è scomparsa dai display di tutti i preadolescenti iscritti al gruppo. Solo l’ultimo caso — storia di pochi giorni fa — di una scioccante sequela di conversazioni online ‘proibite’ con cui mamme e papà di giovanissimi cremonesi si trovano a fare i conti. A volte dovendosi rivolgere anche agli specialisti della Sezione operativa per la sicurezza cibernetica della Questura, chiamati in causa soprattutto quando lo scambio di messaggi sfocia nel cyberbullismo.

Le piattaforme di messaggistica istantanea e i social media hanno rivoluzionato il modo in cui i giovani comunicano, condividono esperienze e si relazionano tra loro. Tuttavia, la rivoluzione digitale ha portato anche a nuove sfide e rischi legati, in particolare, alla diffusione di contenuti provocatori, disturbanti o offensivi con l’obiettivo di suscitare reazioni forti o di sfidare i limiti sociali e morali.

Questo problema è particolarmente preoccupante in età preadolescenziale, quando la formazione dell’identità e dei valori è ancora in corso. In questa fase, infatti, i ragazzi sono particolarmente suscettibili alle influenze esterne e spesso cercano di attirare l’attenzione dei coetanei attraverso comportamenti trasgressivi. La presenza di contenuti shock può sembrare un modo per distinguersi, per sentirsi più ‘grandi’ o per sfidare le autorità e le norme sociali. Inoltre, la mancanza di una piena consapevolezza dei rischi e delle conseguenze di certi contenuti può portare i giovani a condividere materiali che, una volta diffusi, possono avere ripercussioni durature sulla loro vita, come problemi scolastici, sociali e legali.

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I contenuti violenti o che promuovono comportamenti autolesionisti o autolesionistici sono particolarmente preoccupanti, in quanto possono influenzare negativamente i giovani, normalizzando atteggiamenti pericolosi e aumentando il rischio di comportamenti autolesionistici o di coinvolgimento in attività illegali. Inoltre, la diffusione di immagini o messaggi che incitano all’uso di droghe, alla violenza o ad altri comportamenti rischiosi può condurre a conseguenze gravi, come problemi di salute, isolamento sociale o coinvolgimento in attività criminali.

Nel commento ai risultati del progetto Selfie — promosso da Fondazione Exodus in collaborazione con associazione Semi di melo, università Cattolica e comunità Casa del giovane, svolto nel periodo 2016-2023 tra gli adolescenti lombardi — si legge: «Il dato sul 26% che si sente molto capace di affrontare tutto da solo è ambiguo: è segno di forza o di abbandono? Troppi adolescenti si stanno arrangiando, spesso con mezzi tossici, perché sentono che nessuno regge davvero il loro peso. Dove siamo noi adulti? Dove sono i padri, gli insegnanti, i modelli affidabili? Forse li abbiamo delegati agli psicologi, medicalizzando il disagio invece di accoglierlo. E il futuro che prospettiamo loro è incerto, quasi sospeso».

Il fenomeno delle chat shock richiede un’attenzione condivisa. Risulta evidente come i genitori siano chiamati ad acquisire una maggiore consapevolezza delle piattaforme utilizzate dai figli per instaurare un dialogo aperto e educare i giovani al rispetto e alla responsabilità digitale.

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