L'ANALISI
26 Aprile 2025 - 05:10
Nel riquadro Maria Rita La Fata
CREMONA - «Baby gang, aggressioni anche mentre entri in casa, furti. Basta parlare di ‘una insicurezza percepita in città’. Non è più percezione come testimoniano i fatti di cronaca più recenti. I numeri ufficiali dimostrano un calo di reati? I numeri non corrispondono alla realtà, non ‘salgono’, perché molta gente non fa denuncia. Quello che viviamo tutti i giorni è un’altra cosa. I cittadini chiedono che Cremona torni ad essere sicura. Come? Deterrenza attraverso un controllo più massiccio del territorio anche con l’utilizzo dell’Esercito».
Maria Rita La Fata si è fatta conoscere in campagna elettorale, meloniana ex candidata consigliere comunale. «E da allora, raccolgo ancora molte segnalazioni di cittadini scontenti, hanno paura. Cittadini di ogni ‘credo’ politico». Il suo smartphone ne è pieno, molte altre le raccoglie, parlando con la gente del quartiere. Casa in centro storico, attività commerciale in una traversa di via Dante, La Fata si è rimessa in gioco. Da cittadina. È tra i candidati alle elezioni per il rinnovo del Comitato di quartiere centro numero 16, il più vasto e «il più bersagliato dalla criminalità».
Nella lista «ci sono persone come me, come mio marito (Michele Bertoglio, ndr) come Francesco Sanfelici e molte altre, alcune impegnate politicamente, altre no. Ma non è questo il punto».
Il punto è «che siamo tutti cittadini che hanno deciso di provare a fare qualcosa per il nostro quartiere. Il Comitato è un organo apartitico preposto ad interagire con la giunta, un organo importante. Intanto, mi piacerebbe che i residenti andassero a votare. C’è chi addirittura ne ignora l’esistenza ed è un peccato».
Per La Fata, «sicurezza e decoro sono inscindibili. La cosa che più mi dispiace, è che in campagna elettorale si parlava di ‘discontinuità’ da parte di Virgilio, che poi è stato democraticamente eletto. Ma il malessere c’era già, è che non veniva riconosciuto se non come ‘percezione’ di insicurezza. Noi riteniamo che sia sbagliato. Nessun sindaco ha la bacchetta magica, ma di sicuro si potevano e si possano fare scelte che vadano in una direzione ben precisa».
Quali? «Sulla sicurezza, penso all’Esercito per strada, ma nelle ore più delicate, quelle in cui i locali chiudono. E qui apro una parentesi. Sicuramente è giusto il controllo della distribuzione di alcolici e andrebbero chiusi i distributori automatici. Ma la soluzione non è far anticipare la chiusura dei locali a mezzanotte. Siccome io Stato non riesco a controllare, allora impedisco al bar di tenere aperto sino ad una certa ora: non mi sembra corretto. E non è corretto delegare all’esercente pubblico l’ordine pubblico».
Il prefetto, Antonio Giannelli, ha dato una stretta, le pattuglie hanno potenziato i controlli, si vedono in città. «È vero, ma non è sufficiente e i fatti di cronaca lo dimostrano. La gente chiede più pattuglie in giro, chiede l’Esercito come deterrente. Se io mi comporto bene, non temo certo le forze dell’ordine. Pensiamo anche ai vigili di quartiere di una volta, un punto di riferimento anche sul decoro. Battevano palmo a palmo le vie, mettevano dentro la testa nei negozi. Sono tutte forme positive di controllo del territorio».
La Fata riceve molte segnalazioni di genitori terrorizzati. «Amiche che hanno figli. Chi non ha la possibilità di rincasare con l’auto dopo una serata, ha paura a fare due passi: ‘Papà mi vieni a prendere?’. Siamo arrivati a questo punto. Siamo arrivati al punto che anche una donna quasi sessantenne come me, deve farsi accompagnare a casa dopo la pizza».
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Altro esempio. «C’è una candidata che abita all’inizio di via Dante. Lì c’è un negozio che ha aperto da poco e che vende alcol indiscriminatamente. Lì si aggregano ragazzi perennemente ubriachi, negli orari più sensibili: quando una deve parcheggiare e deve entrare in casa, un problema se lo fa. Delinquenza. E maleducazione: quella dei ragazzini che sfrecciano in monopattino sui marciapiedi e ti mandano a quel paese. Stranieri, non stranieri, non cado nella trappola, però basta con il dire ‘Arrivano da un Paese diverso, hanno una cultura diversa’. L’accoglienza va bene, l’accondiscendenza a prescindere no. Tu devi rispettare le mie regole. La gente è stanca. E a chi ribatte ‘Cremona non è Milano’, rispondiamo: ‘Io vivo a Cremona e voglio vivere tranquilla nella mia città’».
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