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CREMONA. ESTORSIONE

«Giustizia è stata fatta, quelle richieste erano legittime»

Assolto il 29enne denunciato dall’amico: «Quei soldi gli spettavano»

Francesco Gottardi

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fgottardi@cremonaonline.it

23 Aprile 2025 - 18:43

«Giustizia è stata fatta, quelle richieste erano legittime»

CREMONA - Non c’è estorsione per i giudici che hanno assolto il 29enne accusato da un amico per alcune richieste di denaro tra la fine del 2019 e l’estate del 2022. A prevalere è stata alla fine la tesi della difesa, rappresentata dall’avvocato Massimo Tabaglio: «È stata una sentenza coraggiosa che onora la giustizia». Il legale è riuscito a comprovare che «nei confronti dell’imputato non sussistono i presupposti di violenza e minaccia che costituiscono la condizione del reato di estorsione». Ma di violenza o minacce, nel comportamento dell’imputato, non c’era traccia nelle richieste di denaro all’amico.

«Avevamo giocato una schedina – ha dichiarato l’imputato a margine dell’udienza – io gli avevo dato i soldi e lui avrebbe dovuto giocarla». Poi, quando il 29enne si è accorto che tutte le partite erano state ‘imbroccate’, aveva chiamato entusiasta l’amico: «Abbiamo vinto!». A quel punto erano cominciati le frizioni: «Mi disse che non era andato a giocarla, che non aveva avuto tempo e poi la versione diventò che ne aveva giocata una sbagliata per errore».

E allora l’imputato aveva cominciato a farsi vivo con l’amico per ottenere la sua parte di vincita da 1.200 euro. La presunta vittima però aveva raccontato agli inquirenti che l’imputato, nel tempo, gli avrebbe sottratto somme di denaro crescenti, per un totale di oltre 20mila euro. Il 30enne, che aveva testimoniato in aula, si sarebbe lasciato intimorire. «Gli dicevo di sì perché mi faceva paura», aveva detto. Da parte sua l’imputato non riusciva a spiegarsi perché l’amico di una vita, «la vittima dei bulletti che io ho sempre difeso, stando dalla sua parte», lo avesse denunciato.

La difesa si era concentrata anche su un altro elemento: «Non c’è alcuna prova che quel calo drastico nei conti correnti della parte offesa sia motivato dalle richieste dell’amico e tantomeno che quei soldi siano arrivati al mio assistito». Quel che è certo è che i conti della vittima si erano smagriti notevolmente tra il giugno 2019 e il luglio 2022: «Prima il mio cliente – aveva detto l’avvocato di parte civile Vito Alberto Spampinato – prelevava 50 euro una volta al mese o due, per poi arrivare a fine del 2021 a somme che aumentavano esponenzialmente: da 250 a 900 euro».

Altro motivo contestato all’imputato era il gran numero di chiamate alla vittima. Il 29enne invece ha sostenuto che dei soldi che gli spettavano non aveva visto un centesimo e che le chiamate non avevano nulla di minatorio: «Ogni tanto capitava che, sempre con rispetto, gli chiedessi quei soldi che mi doveva, ma le telefonate erano solo per organizzare i gruppi per le partite di calcetto. Non l’ho mai minacciato, né danneggiato in alcun modo. Quei 700 euro non me li ha mai dati. Diceva che doveva fare dei lavori in casa, ma l’ho visto in giro con l’auto nuova. Sapevo anche che doveva dei soldi ad altri ragazzi nel giro delle scommesse».

A riprova dei toni distesi tra i due c’è stata anche l’ultima telefonata: «L’ha chiamato dalla Questura (davanti all’investigatore, ndr) – ha ricordato l’avvocato Tabaglio – ed è stato un colloquio amichevole sui 700 euro, il mio assistito ha detto all’amico: ‘Non ti preoccupare, adesso non ne ho bisogno, perché comincerò a lavorare’. L’amico: ‘Adesso sono nella m..., non te li posso dare, perché ho altri debiti in giro’. Il mio assistito: ‘Va bene, quando puoi, me li darai’. Dove sono le minacce? Non c’è la prova dell’estorsione».

Allo stesso modo infondata sarebbe il presupposto del reato di estorsione ‘per procurare a sé o a altri un ingiusto profitto’. «Ma quei soldi gli erano dovuti, non c’era alcun ingiusto profitto».

I giudici alla fine hanno dato ragione al giovane sotto processo accogliendo la richiesta di assoluzione della difesa: «Al mio assistito, un ragazzo che lavora e che ha riportato una versione dei fatti che corrisponde al vero, è stata buttata addosso un’accusa grave (il pm aveva chiesto una condanna a 3 anni e 4 mesi) per un reato che non ha commesso».

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