L'ANALISI
18 Aprile 2025 - 19:15
CREMONA - Proponeva spazi pubblicitari a diversi imprenditori di alcuni piccoli comuni nel reggiano e del mantovano. «Ci ha detto che la nostra sponsorizzazione sarebbe servita per collocare alcuni defibrillatori negli spazi pubblici». E invece non si era vista l’ombra, né dei cartelloni né dei defibrillatori. E intanto alle imprese arrivavano i solleciti di pagamento, anche a chi aveva escluso il tacito rinnovo del contratto pubblicitario.
Oggi, nelle aule del tribunale di Cremona, sono stati sentiti i rappresentati di alcune aziende coinvolte. Sul banco degli imputati a rispondere dell’accusa di tuffa in concorso c’era un uomo di 71 anni rappresentato dal legale Andrea Giubertoni del foro di Mantova. Un’altra donna, denunciata insieme all’imputato, aveva scelto di patteggiare.
Il caso è stato preso in carico dal tribunale cremonese perché i proventi dei contratti pubblicitari finivano sul conto di una società con sede nel cremonese, intestata alla donna denunciata in concorso. L’uomo ieri sul banco degli imputati avrebbe svolto il ruolo di promoter per la società: dopo aver preso contatto con almeno 38 imprese sparse nei comuni di Guastalla, Montecchio Emilia, Maranello, Novellara e altri ancora avrebbe chiesto un contributo per il progetto di collocare alcuni defibrillatori in Paese.
«Parlava di un progetto patrocinato o comunque promosso dal Comune» hanno ricordato diversi testimoni nelle loro ricostruzioni che hanno confermato la corrispondenza del metodo d’azione dell’uomo. L’uomo mostrava anche una mappa dove erano segnati i punti del territorio dove starebbero stati collocati i dispositivi salvavita. Quell’immagine doveva finire sui cartelloni pubblicitari insieme ai loghi delle aziende che avevano contribuito al progetto. Perché, garantiva l’uomo, parte delle versamento fatto dagli imprenditori avrebbe finanziato proprio l’acquisto dei defibrillatori.
I contratti prevedevano sottoscrizioni per centinaia di euro: «Ho pagato 990 più Iva» ha dichiarato una vittima, «790 più Iva» ricorda un altro. E il racconto delle parti offese ha messo in evidenza un aspetto che tradirebbe una pianificazione particolarmente accurata e insidiosa delle zone dove colpire: «Ha fatto leva sulla nostra sensibilità – ha ricordato una vittima – Nella zona, in quel periodo (tra il 2017 e il 2018) un bambino era morto proprio per un arresto cardiaco. Una tragedia di cui si era parlato molto. Così quando ci ha proposto di contribuire a quella che sembrava un’iniziativa per la comunità abbiamo aderito tutti».
Il pubblico ministero si è concentrato anche sui dettagli del contratto sottoscritto dalle parti offese: «Io avevo specificato che non volevo il tacito rinnovo barrando la casella dedicata. Glielo avevo anche fatto scrivere». E invece «dopo un anno sono cominciate queste mail, insistenti, che sollecitavano un nuovo pagamento». Qualcuno è stato convinto a pagare la nuova quota, da centinaia di euro, qualcuno ha disdetto il contratto. Qualcun altro, a quel punto, si è rivolto ai carabinieri.
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