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L'azzardo è una droga: meno slot se meno tasse

La ludopatia colpisce sempre più giovani e anziani. Le istituzioni locali cercano di contrastare il fenomeno con azioni di prevenzione e politiche mirate. E possono riuscirci

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

13 Aprile 2025 - 05:30

L'azzardo una droga: meno slot se meno tasse

Il caso più eclatante è di questi giorni: una 75enne protagonista di una doppia rapina, prima in banca e successivamente in un centro estetico. Bottino: poco meno di duemila euro. In entrambe le occasioni ha minacciato le sue vittime di gettare loro addosso l’acido che sarebbe stato contenuto nel flacone esibito come arma. Perché l’ha fatto? Per procurarsi il denaro da bruciare nelle slot machine di un bar del comune di residenza. L’hanno bloccata proprio lì, mentre stava giocando. E perdendo, ovviamente. Dal 2008 la donna risulta utente del Centro psico sociale per un disturbo bipolare e gioco d’azzardo psicologico. Una patologia che l’ha portata a giocare compulsivamente, fino a mettersi nei guai. È stata processata e ora si trova agli arresti domiciliari. Caso limite di un fenomeno sempre più preoccupante, la dipendenza dal gioco d’azzardo, la cui dimensione è impressionante. E colpisce a ogni livello: basta vedere l’ultima puntata dell’inchiesta sulle scommesse illegali che coinvolge una dozzina di calciatori professionisti, alcuni della Nazionale. Da molti — cittadini e soprattutto istituzioni locali — è però sottovalutata.

In Italia, nel 2023, sono andati in fumo 150 miliardi, con una crescita del 10,2% rispetto all’anno precedente (136 miliardi). È stato calcolato che sono almeno 140 milioni le giornate lavorative buttate via nei giochi patologici. Giusto per fare un esempio: il tempo dedicato dai giocatori d’azzardo alle slot, alle sale e alle giocate online è stato pari a un terzo di quello trascorso nelle vacanze estive in famiglia. Una montagna di soldi e di tempo che avrebbe potuto essere speso in maniera più proficua, all’ombra della quale si celano tanti drammi personali e vera dipendenza.

Durante la pandemia c’era stato un calo delle giocate, ora invece il fenomeno è tornato a farsi ancora più preoccupante di prima. I ludopatici in Italia sono almeno un milione, migliaia quelli in provincia di Cremona, come assicura l’Ats Val Padana.

Nel suo report, Katia Avanzini, direttore del settore Integrazione delle reti territoriali a sostegno dei programmi nazionali, evidenzia un elemento allarmante: «Nel 2023, l’accesso al gioco d’azzardo è stato in forte crescita soprattutto tra i giovani appartenenti alla Generazione Zeta e gli over 65. Le statistiche riportano che le scommesse sono aumentate del 21% e che la fascia di età che gioca con maggior frequenza sono gli adulti». Generazione Zeta e over 65, due categorie tra le più fragili, quanto meno per disponibilità economica. In particolare, il 42% dei giovani tra i 14 e i 19 anni ha iniziato a praticare il gioco d’azzardo, in cinque su cento sono un frequent player, cioè giocatori che scommettono almeno una volta alla settimana, mentre solo l’1% gioca con una frequenza giornaliera. L’approccio al gioco dei due generi, spiega ancora Avanzini, è però differente: le donne preferiscono forme di gioco come gratta e vinci, le slot machine, le sale bingo e la lotteria; gli uomini, invece, si dedicano per la gran parte alle scommesse sportive e ai giochi di carte come il blackjack e il poker.

Don Armando Zappolini, portavoce della campagna ‘Mettiamoci in gioco’ contro il gioco d’azzardo e direttore Caritas della diocesi di San Miniato, sottolinea: «I numeri sono molto evidenti, perché di fatto c’è un’esplosione, una crescita esponenziale di questi soldi, soldi che hanno dietro storie di persone. Le fondazioni antiusura, le Caritas ci dicono quanto questo sia causa della crescente povertà anche del nostro Paese. Un dato veramente preoccupante che mette in un atteggiamento inaccettabile anche le istituzioni dello Stato, è che la maggior parte di questi soldi vengono da giocatori problematici, non da quei 20 milioni che possiamo considerare giocatori sociali che ogni tanto fanno una scommessa. Ma questi soldi vengono in primo luogo da quel milione e passa di italiani che sono giocatori problematici. Quindi si picchia proprio dove fa male, dove la gente si rovina e questo rende inaccettabile».

Sul nostro territorio l’Osservatorio Epidemiologico ha stimato sul totale della popolazione che i giocatori patologici residenti nelle province di Cremona e Mantova si collocano in un range fra 3.779 e 16.629. Per contro, a essere assistiti dal Serd, il Servizio per le dipendenze, in provincia sono solo 84 ludopatici (41 dall’Asst di Cremona, 44 da quella di Crema), un’infinitesima pattuglia dell’esercito dei giocatori compulsivi di casa nostra.

«Il divario fra la stima di popolazione e le prese in carico dei servizi specialistici ci dà la misura di quanto è importante consolidare le policy d’intervento sul tema», puntualizza Avanzini. Va riconosciuto che sia l’istituzione sanitaria che le forze dell’ordine, soprattutto i corpi di polizia locale, sono molto impegnati su questo fronte. A Cremona, per esempio, per prevenire e combattere il gioco d’azzardo patologico, negli ultimi mesi la città di Cremona ha assistito a un significativo incremento dei controlli da parte dell’unità commerciale e annonaria della Municipale che hanno portato a un’ottantina di sanzioni. Non poca cosa. Analogamente accade anche a Crema, Casalmaggiore e in molto comuni.

Ma più che la punizione, vale la prevenzione. A terra sono già stati messi da tempo alcuni validissimi progetti per studenti come il gioco di ruolo ‘Guardie & ladri’, il podcast ‘Scommetto che smetto’ e il già citato ‘Mettiamoci in gioco’. La Regione da anni investe sul tema e ha emanato già nel 2013 le sue Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico. Tra queste, il cosiddetto ‘distanziometro’ che fissa in 500 metri la distanza di locali con slot e di sale da gioco da luoghi sensibili come scuole, oratori, luoghi di culto e presidi sanitari. Se però si dà un occhio alla situazione reale, a prevalere è lo sconforto? La regola viene fatta osservare a scartamento ridotto. L’Ats è fortemente impegnata sul territorio in una massiccia operazione di educazione e prevenzione. L’ultima azione in ordine di tempo è il Piano Gap per il biennio 2025-2026. La manifestazione d’interesse per la presentazione dei progetti di contrasto al gioco d’azzardo, in scadenza il 28 aprile, l’ambito cremasco si è già fatto avanti. Vedremo quante altre realtà si muoveranno analogamente. Siccome la molla economica è spesso quella trainante, va attivata a più largo spettro possibile. Fondamentale promuovere l’incremento di esercizi ‘No slot’, ad esempio tramite agevolazioni sulla fiscalità locale. Già diversi Comuni prevedono esenzioni per gli esercizi che rinunciano a installare le macchinette mangiasoldi. È una follia sognare che l’intero territorio diventi zona franca in questo senso grazie a importanti sgravi dalle imposte municipali ai gestori di pubblici esercizi che diranno di no all’utilizzo di slot-machine? Certo, ciò significa meno entrate per enti locali già fortemente in crisi, ma certamente sarà ben maggiore del mancato incasso il risparmio in termini di spesa sociale per la cura e il recupero dei malati di gioco. Non aiuta, però, assistere al recente dilagare di pubblicità televisive di siti di scommesse. In occasioni delle partite di calcio che contano praticamente ci sono solo quelle. E tutte alla fine di giocare consapevoli. La solita ipocrisia. Come dire che l’operazione è perfettamente riuscita, ma il paziente è morto. E lo Stato lucra ancora una volta sui vizi dei suoi cittadini.

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