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I 208 ANNI DELLA PENITENZIARIA

Agenti in prima linea, ma troppi fronti aperti

Cerimonia al Ponchielli con le autorità. Pesano carenza di personale e sovraffollamento

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

28 Marzo 2025 - 20:12

Agenti in prima linea, ma troppi fronti aperti

CREMONA - Fanno notizia solo quando vi accadono tragedie e rivolte: risuonano gli allarmi sul sovraffollamento e sui pochi agenti, ma quando i riflettori si spengono, le carceri restano un mondo a parte, ai margini per i detenuti e per chi ci lavora. E, allora, bene ha fatto Letizia Tognali, da poche settimane comandante del Corpo della Polizia penitenziaria del carcere di Ca’ del Ferro, a sottolineare «la solidità, l’onestà e il rigore delle donne e degli uomini di questo reparto che assolvono, ogni giorno (lontano dai riflettori), i nostri compiti istituzionali con puntualità ed abnegazione, così garantendo l’ordine e tutelando la sicurezza di questa casa circondariale». Tognali lo ha detto ieri, nel suo intervento — un mix di verve e piglio — alla cerimonia per i 208 anni della Polizia penitenziaria in una cornice inedita, il ridotto del teatro Ponchielli. Lì, luogo simbolo nel cuore della città, si è ricordata una storia lunga due secoli dietro le sbarre.

La cerimonia è cominciata alle 10.30 all’esterno del teatro, con il prefetto, Antonio Giannelli, che ha passato in rassegna il picchetto delle ‘fiamme azzurre’ insieme al direttore reggente del carcere, Giulia Antonicelli, arrivata a Ca’ del Ferro da Opera dove è vice, e il neo comandante Tognali. Nella sala del ridotto, spazio agli interventi davanti a una platea attenta: i vertici delle Forze dell’ordine e delle istituzioni, una rappresentanza di studenti e studentesse dell’istituto Einaudi, accompagnata da don Ettore Musa, cappellano del carcere, gli agenti e i funzionari della Polizia penitenziaria, i loro colleghi in pensione.

Ca’ del Ferro sconta la carenza di personale e il sovraffollamento. Lo dicono i numeri snocciolati dal comandante Tognali. «Oggi il reparto conta di 191 unità amministrate, di cui operative solamente 148, in cui si contano 126 agenti assistenti, 7 sovrintendenti, di cui, però, 3 in missione, 7 ispettori, di cui sempre 3 in missione, operativi all’interno dell’istituto penitenziario, 1 ispettore sostituto commissario e 12 agenti assistenti, operativi al nucleo Traduzioni e piantonamenti a fronte di una previsione organica complessiva di 223 unità, di cui 173 agenti, 28 sovrintendenti, 19 ispettori e ben 3 funzionari. Il nucleo Traduzioni e piantonamenti quest’anno è stato impegnato in 1.160 traduzioni, traducendo un totale di 1.833 detenuti».

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Un carcere sovraffollato, Ca’ del Ferro. «La capienza regolamentare prevede 349 posti per detenuti, di cui 274 comuni e 75 ‘protetti». Questo sulla carta, «mentre la conta odierna è di 540 persone detenute, di cui 154 appartenenti al circuito protetti». È tornata alla carenza di personale, Tognali: «Nell’anno appena trascorso, l’istituto di Cremona ha subito fortemente la carenza di personale e di figure del quadro intermedio, quali ispettori e sovrintendenti. Molteplici sono stati gli eventi critici riconducibili alle dinamiche detentive, ma laddove condotte oppositive alle regole e alla disciplina interna sono state poste in essere, parimenti e nonostante le carenze già evidenziate, sono state arginate tempestivamente con il ripristino immediato dell’ordine e della sicurezza». Pensando al ‘suo’ reparto, il comandante ha ricordato le parole di Nicolò Amato, giurista, ex magistrato, direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dal 1983 per dieci anni.

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«Mi tornano in mente le sue parole impresse nella circolare del 7 febbraio 1992. Le riporto testualmente nella convinzione che qualunque parafrasi non farebbe altro che sminuirne l’efficacia».

Le parole di Amato: «Dovendo essere chiaro che all’interno delle carceri valgono soltanto una legge ed una volontà e cioè la legge e la volontà dello Stato e non c’è alcun posto per legge e volontà diverse».

«Questo — ha evidenziato il comandante Tognali - è il reparto di Polizia penitenziaria della casa circondariale di Cremona, questi sono i suoi valori. E vorrei che questi valori e queste parole pervadessero e permeassero l’ingiusta, superficiale e talvolta riduttiva idea che una parte del mondo esterno ancora serba di un corpo di Polizia fatto di donne e uomini coraggiosi che sacrificano la propria vita per lo Stato, servendolo in silenzio ogni giorno da oltre due secoli sobriamente, senza mai imporre la loro presenza nel chiaroscuro della luce che ti crea le sbarre, dedicando un terzo della loro giornata e a volte anche di più, all’istituzione che rappresentano, tutti con lo stesso colore indosso, uniti e pronti ad intervenire, talvolta anche a salvare delle vite senza paura, anche a rischio di se stessi, sempre senza eccezione».

Infine, «il doveroso omaggio alla memoria dei caduti del Corpo, di chi ha perso la vita nello svolgimento del proprio lavoro in nome della legge dello Stato».

In chiusura, la premiazione dei 48 agenti per «l’encomiabile» intervento durante la rivolta dei detenuti, l’8 marzo del 2020, in piena pandemia da Covid. E il buffet preparato dai ragazzi di ‘Fratelli tutti’, la cooperativa sociale diretta da don Musa, nata nel 2021, prendendo spunto dall’Enciclica di papa Francesco per favorire l’inserimento lavorativo di giovani con disabilità e dei detenuti.

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